martedì 18 novembre 2014

Equazione

Sto imparando l'obbedienza, sto imparando a stare zitta e mordermi le labbra, sto imparando che a volte la giustizia non è esattamente quello che serve, molto meglio la carità. Molte cose ora le capisco, e mi sforzo di rispettarle. Ma non riuscirò mai a capire perchè le persone per amare devono essere rifiutate. Quale strano tipo di amore si nutre di rifiuto, di odio, di rabbia? L'amore si nutre di amore. Almeno questo credo. E mi riesce difficile pensare il contrario. Se i miei genitori da piccoli mi avessero rifiutata e mi avessero respinta come avrei mai potuto imparare ad amare? Il loro amore mi ha insegnato. E tutto l'amore che ogni giorno incontro per la mia strada. E vedo che più amore ricevo più amore do. E' un'equazione esatta. E continuo a non capire come possa nascere amore da un abbandono...

domenica 16 novembre 2014

Figli

Sento dire spesso che i figli sono l'amore più importante della propria vita. Ci credo, in fiducia, visto che non ho questa fortuna. E credo anche che questo AMORE, che è vero, assoluto, senza se e senza ma, senza esitazioni e tentennamenti, che non si mette mai in discussione perché lo si sente nel sangue, si debba tradurre in qualcosa di più che nel "campare" i propri figli. Il dargli da mangiare, una casa, vestiti, assicurargli svaghi e passare il proprio tempo libero con loro, non basta. Questo AMORE non può essere un semplice accudire. Quello di accudire la propria prole e proteggerla per farla crescere è l'istinto primordiale che hanno tutti, compresi gli animali. Deve essere qualcosa di più, un investimento. Si deve dare tutto ciò che si può per regalare loro un futuro, sempre migliore di quello dei padri. Che alla fine è un investire su se stessi. Non credo che ci sia soddisfazione migliore che vedere qualcuno, che hai creato tu stesso, avere successo nella vita. Ed il successo non è fare soldi, ma è camminare a testa alta perchè si è fieri di quello che si è. Io credo che qualunque genitore non voglia ricompensa migliore al mondo che vedere il proprio figlio andare incontro alla vita forte, deciso, coraggioso. Che poi vinca o perda è un'altra storia, la vita alla fine è un'altalena, ma quello che importa è aver fatto di tutto per mettergli in mano gli strumenti necessari per riuscire a viversela appieno. E la prima cosa è la cultura. La primissima cosa è insegnargli che la scuola non serve per avere un pezzo di carta. Quello è indispensabile sì, ma si può sempre comprare. Invece andare a scuola è altro, molto altro. E' confrontarsi per la prima volta con qualcosa che non sia la famiglia, è contare solo sulle proprie forze dove non ci sono mamma e papà a difenderci, è imparare a comunicare con gli altri, è stare alle regole, imparare la disciplina e rispettare la gerarchia. Molte di queste cose si imparano anche per strada e lavorando, sì, è vero, ma in modo diverso. E con tempi diversi. E soprattutto senza ricevere gli strumenti che stanno alla base della vita attuale. Quelli che ti aprono la mente. Che ti spingono a sognare, a desiderare. Che ti insegnano a riflettere, a pensare. Che ti rendono uguale agli altri. Perché usi lo stesso loro linguaggio e parti dallo stesso livello. 
Studiare è farsi gli strumenti per comunicare col mondo. E' riuscire ad usare le parole per difendersi. E' capire sempre con chi e di cosa si sta parlando. E' poter scegliere il proprio destino. E non fare qualcosa perché non si hanno alternative. Che poi spesso non se ne hanno nemmeno studiando, ma almeno c'è la consapevolezza che si è fatto di tutto per provarci, che non si era meno rispetto agli altri, e rimane sempre la speranza. Che vivere senza sogni e speranze non è vita, ma sopravvivenza. Ed io, che non ho figli, non lo augurerei a nessuno al mondo...

venerdì 14 novembre 2014

Scritta col gesso

Ci sono persone a cui non si dovrebbe regalare neppure un istante del proprio tempo. Persone che da te vogliono tutto e che non danno nulla. Sono sanguisughe, sempre pronte a prendere. Ma quando si tratta di sporcarsi le mani si tirano indietro. E si permettono pure di mancarti di rispetto. E allora tocca a noi riprendercelo. E cancellarle con un colpo di spugna sulla lavagna. Tanto erano solo scritte col gesso. Non avevano fatto nulla per diventare indelebili, eravamo noi a trattarle così, a metterle su un piedistallo, a preservare la lavagna per non far sbiadire quelle scritte. Ad ogni cosa si deve dare la giusta importanza. Iniziamo col darla a noi stesse e a cancellare queste persone dalla nostra vita. Tanto non ci hanno dato nulla. Anzi, qualcosa sì, ci hanno insegnato che noi siamo migliori. Perché noi ci mettiamo in gioco fino in fondo, noi ci crediamo davvero, noi vogliamo la felicità dell'altra persona e facciamo di tutto per starle accanto. E meritiamo persone come noi al nostro fianco. Meritiamo persone con le palle che fanno quello che dicono, persone decise, persone che hanno una ed una sola parola e che non hanno paura di dire la verità perché quella non cambia mai. Persone che vogliono la nostra felicità e combattono insieme a noi per far andare avanti una storia, con sacrifici, gioia e sudore. Tutto il resto sono palle, tutto il resto sono scuse, tutto il resto è noia. E loro sono solamente uno tra tanti, una scritta col gesso...

lunedì 22 settembre 2014

Claustrofobia

Ieri giornata avventura. Esplorazione di una grotta imbracati come salami e buttati giù verso l'abisso o dentro pozzi senza fine. Urge una premessa. Io le cose avventurose le ho sempre fatte, mi sono sempre piaciute, nei limiti del rischio accettabile ovviamente. Ho partecipato a tutti i sentieri sotterranei che trovavo, con acqua, senza acqua, imbracata e non. Però in alcune fasi della mia vita mi son trovata a soffrire di claustrofobia. Io. Io che da ragazzina giocavo in ascensore a fare su e giù in continuazione, io che son rimasta bloccata anche ore lì dentro a ridere e scherzare... Strani scherzi del cervello. Era da un pò che non mi mettevo alla prova. Volevo vedere se il mio cervello era ancora in tilt. 
Ingresso alla grotta, un cunicolo alto 50 cm e lungo qualche metro da attraversare rigorosamente strisciando, stile marines, con roccia a dx, a sx, sopra la testa e sotto la pancia. Tutto buio. Che già a descriverlo così fa impressione. E dopo sempre più spazio fino a camminare a 4 zampe. Come è andata? 
Sono morta... dalle risate. L'ho fatto ridendo questo percorso, ma ridendo quasi con le lacrime. Ed ho capito una cosa. Davanti a qualcosa di difficile, davanti a qualcosa che ci fa paura, che ci mette ansia, mai guardare l'obiettivo. Mai guardare come andrà a finire, cosa potrebbe succedere. Vivere solamente l'attimo. Guardare solo fino alla punta del proprio naso. Non più in là. E così sdraiata per terra ho visto chi avevo davanti, due ragazzi che giocavano a fare le foche, mi sono divertita godendomi il momento e dimenticandomi di tutto il resto. Era una scena divertente, quella che stava capitando. Avrei potuto pensare invece a catastrofi, a pezzi di roccia che avrebbero potuto franare, a un terremoto improvviso, ad un mio malessere intrappolata laggiù. E invece no. Mi sono goduta il vero presente, la realtà. Che spesso ci mette ansia l'innumerevole quantità di possibilità che ci immaginiamo e che poco hanno a che vedere poi con quello che davvero succede. Il nostro cervello tende a sconfinare quando invece dovrebbe solo vivere di presente e non andare mai oltre...

giovedì 11 settembre 2014

Less is more

A volte non ci si arrende all'idea che si debba tagliare qualcosa. Ci ostiniamo a tenere sulle nostre spalle fardelli sempre più grandi che prima o poi ci sovrastano. Portiamo e sopportiamo pesi inutili che ci appesantiscono l'anima. Un grande architetto diceva "less is more", "il meno è più". Questo credo valga per tutto. L'ornamento superfluo che affatica l'occhio si trova ovunque. Si trova in certi atteggiamenti ipocriti e di circostanza. Si trova nell'uso di determinate parole solo per arricchire frasi e pensieri di per se privi di contenuto. Si trova nei sentimenti, in quella tendenza al buonismo che fa essere tutti amici di tutti. Invece le cose vanno soppesate. Ad ogni cosa il giusto peso. 
Abbiamo la tendenza ad accumulare, per sentirci protetti in mezzo al caos, dove si trova sempre un riparo, un nascondiglio, un appiglio. Non tagliamo i ponti che ci legano a persone e cose sbagliate perché non abbiamo il coraggio di dire la parola addio. Non sappiamo liberarci dall'abitudine, dalla routine, dall'idea di vita che ormai ci appartiene. Ci serve il conforto rassicurante della loro presenza. Sono punti di riferimento senza i quali si soffre. Ma con i quali si soffre più a lungo.
Non capiamo che alleggerendo le spalle magari riusciamo anche a volare...

sabato 6 settembre 2014

Ingranaggi

Fermarsi a pensare. Capita a tutti. Chi più chi meno. Spesso è una disgrazia. A volte una benedizione. Altre volte non lo sai cos'è, sai solo che ogni tanto gli ingranaggi partono da soli e crik crik iniziano lentamente a girare. E gira e rigira gli ingranaggi e le ruote aprono cassetti impolverati e vengono fuori cose che non ricordavi fossero così. Non so se il tempo attutisce. Forse placa gli animi. Forse spegne la luce accecante che una volta puntava come uno spot proprio su quei fogli ingialliti dentro al cassetto. Ora alla luce flebile di una candela ecco riapparire forme, sagome, lettere, discorsi. Uno dietro l'altro. Ecco che prendono nuovamente corpo e vita e sembrano solo ricordi. Da guardare con affetto distaccato. In viaggio tra i ricordi ci si scopre anche a sorridere a mezza bocca, a provare qualche forma di affetto che quasi ci coglie impreparati. In qualche tempo, nel cammino della nostra vita, deve essere successo qualcosa, un giorno, o col susseguirsi di questi, che ha cancellato il dolore. Il dolore, la rabbia, è tutto scomparso. Ci si guarda il petto per cercare le ferite, ma niente, scomparse. Non ci sono più. Un giorno ci si sveglia e ci si accorge che col tempo si riesce a guardare la propria vita con serenità. Che gli scheletri diventano polvere. E la polvere vola via con un soffio. Ed il cuore è più leggero. E si pensa nuovamente a qualcuno con dolcezza. Un pensiero che dura un attimo e poi vola via... lontano.

martedì 12 agosto 2014

Cos'è che fa male...

Le pene d'amore esistono e anche se si è perfettamente consapevoli che le cose gravi nella vita sono altre, e maledettamente più importanti, si sta uno schifo lo stesso. Cosa è però che fa male? L'assenza dell'altro? Si, ok, l'altro manca, ma siamo sicuri che è davvero questo che fa male? Secondo me c'è altro. E riguarda solo noi stessi.
Ci fa male la sconfitta. Ci fa male vedere che ogni volta è sempre la stessa storia. Che gira vota e firria ci ritroviamo sempre soli. Ma poi a pensarci bene, noi soli ci stiamo bene. E allora? E allora ci fanno male gli schemi mentali che ci hanno inculcato fin da ragazzi. Ci fa male guardare i nostri genitori che alla nostra età erano già sposati con figli ed un mutuo sulle spalle. Ci fa male andare al supermercato e vedere le confezioni famiglia, quando nel nostro frigo un chilo di qualsiasi cosa dura settimane. Qualsiasi cosa tranne nutella e patatine. Per quelle altro che formato famiglia...
Alla nostra età non abbiamo costruito nulla. Questo ci fa male. Abbiamo alle spalle fallimenti su fallimenti che noi chiamiamo esperienza. Che servirà solo a farci finire sempre prima i rapporti futuri. Ormai la pratica ci insegna a riconoscere le cose e a dargli un taglio prima possibile, tanto alla nostra età non si cambia, non ci si adegua, non si fanno compromessi.
Ci fa male accettare che non siamo poi così infallibili se abbiamo dato credito a certa gente, che la cosiddetta esperienza non serve poi a tanto se per l'ennesima volta siamo stati capaci di andare anche contro gli amici più cari, ci siamo schierati contro tutto e tutti difendendo cose che solo noi vedevamo, o meglio, immaginavamo.
Ecco cosa ci fa male.
Capire che ci caschiamo sempre. E con tutte le scarpe. E' il nostro fallimento personale a fare male. E' il renderci conto di aver dato più potere all'altro di quanto ne meritava davvero. E' capire che la voglia di avere una persona accanto ci offusca così tanto la vista da sembrare talpe. E' rendersi conto che queste cose potevamo farle a quindici anni, non a quaranta. E' capire di aver tradito se stessi in nome di qualcosa che ci ostiniamo sempre a chiamare amore.

Gli ignoranti

Ho sempre pensato che le persone ignoranti non esistessero. Ho sempre pensato che non bisogna etichettare nessuno. Che per sfortune e vicissitudini varie non tutti hanno avuto la fortuna di studiare e non per questo bisogna marchiarli a vita. Ma mi sbagliavo.
Gli ignoranti esistono davvero e sono pericolosi. E' gente senza troppi scrupoli, è gente che per salvare la propria pelle farebbe di tutto. E' gente che ostenta, ostenta tutto, anche la propria ignoranza, e se ne fa scudo. E' gente che inganna, si cela dietro un'apparenza innocua. Ignoranza non è sinonimo di bontà. Anzi, spesso è il contrario. Gli ignoranti si sanno difendere. Non hanno bisogno di leggi ed avvocati, si fanno ragione da soli. L'ignoranza è feroce. E' il male peggiore del mondo.
E l'ignoranza non è il non sapere. Esiste davvero gente che non ha nemmeno la quinta elementare ma che possiede estrema saggezza ed una cultura popolare enorme. L'ignoranza di cui parlo è quella che si usa come arma. Quella dietro cui ci si barrica. L'ignoranza è non avere stimoli, è resa. Ci si arrende di fronte a cose che non si capiscono, anzi, ci si accanisce. E l'ignorante è quello che se non sa qualcosa non chiede, non gli importa, perché usa il potere della sua ignoranza. E' falsità, opportunismo, egoismo, prevaricazione, apparenza. E' vivere come animali selvaggi. Accontentarsi di scavare la terra. Mors tua vita mea. E' una vita allo stato brado. Senza regole. Dove quello che conta è il potere, è fregare l'altro prima che freghi te.
Ringrazio Dio per avermi fatto nascere nella famiglia in cui sto. Una famiglia che mi ha sempre messo libri in mano e sulle spalle. Gli stupidi ed i cattivi esistono anche tra quelli che i libri li leggono. Ma credo sia una stupidità contro la quale si può combattere ad armi pari. Cultura contro cultura. Ma contro la cattiveria dello spirito di sopravvivenza si può poco. Quella è più forte. Quella si fa manipolare. Quella distrugge credendo di fare del bene. Il proprio.

mercoledì 6 agosto 2014

Ore 18 in punto


--- Attenzione spoiler ---

ORE DICIOTTO IN PUNTO

L'amore cambia tutto. Ok.
Dà un nuovo significato alla tua vita. Ok..
Senza l'amore uno non ha motivi per vivere. Ok...

Ma... ne siamo proprio sicuri? Non sono poi così certa le cose funzionino così....
E chi l'amore non lo trova, che fa?
E, ma l'amore più importante è quello verso se stessi, e a volte anche quello non basta...
E chi lo trova ma non ha il coraggio di viverlo?
E poi, anche se lo trovi, chi lo dice che l'amore è per sempre?

Naaa, l'amore non cambia nulla.
L'Amore non fa alcuna differenza.
Siamo noi a fare la differenza.

Ed il film di ieri alla fine racconta proprio questo. Altro che amore...
Perchè gli altri personaggi riescono a farla finita e lui no? Anche gli altri hanno una famiglia. L'avvocato ha moglie e una figlia. E la ama. E' il suo primo rammarico quando muore, il saggio di danza, glielo avevo promesso che ci sarebbe stato...
Finiamola con questa idea dell'amore che tutto vince. A vincere siamo noi. E' Piparo che vince. Quando decide di rispondere al telefono.
E perchè risponde al telefono? Cazzo, si stava impiccando, aveva già il cappio intorno al collo, stretto, i piedi in bilico, bastava un attimo, perdere l'equilibrio e... zac, ore 18 in punto.
Ed invece no! Sceglie di prendere il telefono. Perchè? Perchè? Che c'entra l'amore, lui non ha idea che ci sia una donna dall'altro lato, che ci sarà lei!

Sapete cos'è che fa saltare giù dal sasso Piparo? E' la curiosità!!!
Siiiii, la curiosità. Noi riusciamo a liberarci delle nostre prigioni quando riusciamo ad interessarci a qualcosa. A qualcuno. Che poi sia amore o meno si vedrà. E' la nostra curiosità. E nasce sempre dal voler vedere oltre, dal voler scoprire qualcosa di nuovo. E' voglia di sapere, di vivere, di conoscere.
Nasce tutto da una stramaledetta curiosità. Cosa squilla? Chi sarà? Che succede? E tutto passa in secondo piano...
E' questa che ci spinge oltre, a mettere il naso fuori di casa, a fare nuove esperienze, a voler conoscere persone, a sperimentare, ad andare avanti oltre il noto.
E' quel senso di irrequietezza che non ci sazia più, è voler scoprire cosa nasconde il mondo. E' questo che ci salva dal baratro. Dalla monotonia, dalla depressione.
Avere voglia. E questo interesse nasce per caso. Da un fatto banale come tanti. Un telefono che squilla, un gesto, uno sguardo, una coincidenza, sono i particolari che ci colpiscono. Piccoli stupidi particolari insignificanti a tutti ma non a noi, non in quel momento. E' quella la molla che scatta. E che a volte salva la vita. E' un istinto primordiale, infantile. E' l'attrazione della scoperta.
E' il voler sapere come andrà a finire, è l'aspettare il domani per avere delle risposte. Questo succede a Piparo. Ha di nuovo un motivo per aspettare il suo domani.
Che poi si innamora, che cambia vita, che sceglie di ricominciare, quella è una storia che non sarebbe mai stata girata se l'autore non l'avesse fatto rispondere a quel telefono...

Piccolo miracolo meridionale

La colonna sonora di un sogno. Perchè i miracoli succedono tutti i giorni.
Andatelo a vedere, il film è magico. E poi promuovere un bel pezzo di Sicilia che ci crede e si autofinanzia per realizzare il proprio sogno non ha prezzo, fatelo con orgoglio. Per una volta niente mafia, niente cliché, niente munnizza e disoccupati, ma un messaggio universale di speranza. Che alla fine la felicità è solo un campo di papaveri...

mercoledì 30 luglio 2014

Il dolore

Ci sono persone che vogliono vivere nel dolore. Quello che conoscono, quello che sanno gestire. Il dolore controllato. Sembra strano, ma credo che lo facciano per non soffrire. Hanno troppa paura di perdere i propri punti di riferimento. Di perdere tutto. E si accontentano di vivere una vita di merda per mantenere l'illusione che determinate cose, determinate persone facciano ancora parte di quella squallida esistenza. Hanno tremendamente paura del vuoto, del nulla. Di quella sensazione che ti si attorciglia alle budella e ti fa mancare l'aria. Dell'ansia che ti assale e non ti fa essere lucido. Del dolore che diventa fisico, sociale, denso. Dello smarrimento, della perdita del senso del tempo, del giorno e della notte. Quando tutto si ferma. Il mondo crolla e tu precipiti nella voragine, in caduta libera. E ti schianti al fondo. Sembra la fine del mondo, ma non lo è. E' solo un nuovo inizio.
Il dolore fa bene. Il dolore libera. Il dolore ti fa mettere un punto e ti fa tornare a capo. Pagina bianca. Una nuova occasione di scrivere la propria vita. Un nuovo inizio. Una nuova percezione delle cose e delle persone che abbiamo accanto.
Molti sono codardi. Non hanno il coraggio di morire per rinascere e si condannano ad una vita in agonia. Boccheggiano come i pesci nel secchio del pescatore. Consapevoli che tutto ciò li sta uccidendo. E che per loro non c'è una rinascita, ma una padella con l'olio bollente...

https://www.youtube.com/watch?v=9NnDEqNSVSI


venerdì 25 luglio 2014

Crescere

Si cresce. E crescendo si capisce che a volte il nostro bene non è uguale ad avere quello che desideriamo. Che a volte quello che amiamo ci fa solo del male. Che se dobbiamo combattere per qualcosa è solo per noi stessi e per la nostra serenità. Che è meglio di un attimo di felicità rubata. Che le rinunce è meglio farle per aiutare se stessi che gli altri. Che dobbiamo volerci bene. Prima di ogni altra cosa. Noi.

venerdì 18 luglio 2014

Piccola verità

"Le cose non devono andare come vorremmo, devono sorprenderci"...

giovedì 19 giugno 2014

Ricomincio da me

Mi serviva proprio qualcosa in cui credere, e stavolta investo su me stessa... 
E' venuto il momento di spolverare i cassetti e far prendere aria alle idee stipate nella testa che non c'è più spazio! Che se non lo fanno gli altri me la do io una possibilità. D'altronde me lo hanno sempre detto che ho il piglio del comandante.
Sono orgogliosa di me... (quannu ce vò ce vò!)

martedì 27 maggio 2014

Trilogy

Metti che tu abbia un trilogy (un rolex per i maschietti).
Metti che l'hai tolto e ci giocherelli.
Metti che ti cade.
E va a finire proprio dentro una cacca di cane fresca fresca.
Che fai? Lo lasci lì? Naaa.
Te lo riprendi, anche a costo di infilare le mani nella merda.

Morale?
Se hai qualcosa di prezioso e lo perdi, fai di tutto per riaverlo. Di tutto!

venerdì 23 maggio 2014

Doppia coppia

E' notte. Tarda. Un prato ed il silenzio. Una coppia sotto un albero che litiga. Si alzano, si siedono, gesticolano. Non si capiscono. Non capiscono quanto sono stupidi in questo momento. L'altra coppia, che coppia non è, li guarda da lontano. Passeggiano lontano per non sentirli ma abbastanza vicino per tenerli d'occhio. Sono tutti amici. Tutti e quattro. La coppia, che coppia nonè, commenta la lite, non capisce come sia possibile rovinare tutto per così poco, perché avvelenare tanto un amore così, che si sente sulla pelle. I due che girano in tondo sotto il cielo si raccontano, li raccontano. Forse vorrebbero trovarsi loro in quella stessa situazione, saprebbero cosa fare, come fare. Forse sperano di trovarcisi insieme. E avrebbero voglia di abbracciarsi stretti al loro posto. O forse hanno solo voglia di abbracciarsi e non riescono a dirselo. Si sentono vicini ma ancora lontani. Non sanno che provano le stesse cose. Non vogliono scoprirsi. Troppa paura ancora. Paura di farsi male. Paura di rovinare l'amicizia che c'è. Che c'è stata. E che è servita a tanto.
Loro non lo sanno, ma la coppia sotto l'albero sa il bene che gli altri due si sono fatti a vicenda. Più di una volta hanno parlato di loro. Li hanno visti avvicinarsi, piano piano, nel tempo. Essere sempre premurosi l'un l'altro. Hanno visto qualcosa che loro ancora non vedono. O che ancora non vogliono vedere. Hanno visto che stando accanto si sono fatti un gran bene. Li hanno visti cambiare. Essere più sereni, più sorridenti. Darsi forza e sicurezza in silenzio. Tendersi una mano e stringersela senza accorgersene. Hanno visto che l'altra coppia, che coppia non è, in fondo lo è già.
E' questa la doppia faccia dell'amore. Si fa di tutto per distruggerlo quando ormai lo sentiamo nostro e di tutto per proteggerlo quando ancora non c'è. Perché non possa essere il contrario non lo so. Sarà colpa delle aspettative. Sarà che facciamo presto a dimenticare quanto abbiamo desiderato condividere la felicità con l'altro. Dimentichiamo quanto ascoltare sia necessario, e quanto il superfluo non conti nulla. Dimentichiamo troppo presto che un amore va protetto, cullato, cibato per farlo crescere. E' come un neonato. E' fragile. Bisognoso di attenzioni. Deve imparare a stare in piedi prima di camminare e poter correre. E non può essere lasciato solo nemmeno per un istante. Non è ancora autosufficiente. Anche pochi minuti di assenza possono essere fatali. All'inizio non si può sbagliare. Non troppo almeno. Si rischia di rovinare tutto.

giovedì 22 maggio 2014

Non tornerò mai più sulle orme



"Non tornerò mai più sulle orme
scarpe nel fango non mi fanno correre
non tornerò mai più sulle orme
me le ricordo già così bene
mi perdo sempre
ma so sempre da che parte è il mare
arrivare là
non tutti i passi lasciano impronte
mi perdo sempre
ma so sempre da che parte è il mare
arrivare là
dove cadono i fulmini."

Questa non è una canzone, è molto di più. E' un promemoria.
Sapere dove è il mare salva la vita. Un posto dove andare per lavarsi le ferite, certo è acqua salata che brucia da morire, che fa scendere lacrime che scottano sulla pelle. Ma cicatrizza. E lo fa così bene che dopo un pò la ferita non perde più. Certo restano dei segni che non andranno mai via, ma si sa, cu mancia fa muddiche, è inevitabile. La cosa davvero importante è non ripercorrere le stesse orme, capire che non ha senso continuare a soffrire sempre per le stesse cose, le stesse parole, le stesse promesse. Comportamenti che alla fine sono tutti uguali. Parole che si ripetono sempre. E' impressionante come persone che tra loro non si conoscono usino sempre le stesse parole e poi si comportino sempre allo stesso modo. Fa paura. Secondo me esiste un codice segreto, una specie di setta in cui si passano sempre lo stesso libretto da generazioni in generazioni con le parole da dire in certe occasioni. E soprattutto in cui insegnano che non si devono mai rispettare le proprie parole, che alla fine non hanno significato, che sono tutte vuote, specialmente le più importanti. E che alle parole non devono mai seguire i fatti, mai. Devono solo illudere. Ho capito, sarà una setta di prestigiatori!

Formula uno

Ci sono persone che hanno una vita circolare. Come auto di formula uno. Girano sempre nello stesso anello di pista. A volte riescono meglio, altre vanno fuori strada, ma la strada è sempre quella. Certo, cambiano sempre gli avversari. Almeno questo. Ed ogni volta affinano la tecnica di guida in base a chi hanno contro. Imparano a guidare meglio usando i difetti o i pregi dell'altro. Ma alla fine, si ritrovano a correre sempre con avversari. E nelle curve qualcuno deve pur stare davanti e qualcun altro dietro.
Altri invece, i più fortunati, hanno una vita rettilinea, fatta di tanti traguardi, tutti diversi, tratto dopo tratto. Non ripassano mai dal via, ma ogni arrivo diventa nuovo punto di partenza. E così collezionano traguardi, uno dietro l'altro. E qui, tutto sommato non importa correre ed affinare la tecnica, nemmeno se si è primi o ultimi, se si hanno avversari o meno, quello che conta è andare avanti, meta dopo meta, vivere. E' tutta strada che porta da qualche altra parte. E' tutta un'avventura nuova, km dopo km. E non sempre la stessa pista, sempre la stessa storia. E magari ad un tratto si trova qualcuno che ti si affianca e ti chiede se ti va di fare un tratto di strada insieme. E si inizia a camminare uno accanto all'altro, non avversari, ma compagni della stessa squadra, della stessa avventura.
Io sono stanca degli Schumacher. Ho spento il motore, con questi non corro più.

Fran

Chi ha detto che la gente non cambia? Lo fa eccome! Succede all'improvviso. Cosa scatti non l'ho ancora capito. E non parlo di quelli che una mattina si alzano realizzando che devono licenziarsi, cambiare lavoro e trasferirsi in Alaska. Perchè quelli magari ci pensano già da un pò. Magari da un pò tanto. Aspettano solo il "fran". Quel momento in cui succede tutto in un attimo, l'istante in cui ti cambia per sempre la vita. Io invece parlo di quelli che dopo pochi giorni, pochissimi, cambiano completamente. Senza avere il tempo di metabolizzare nessun cambiamento, nessun motivo per farlo. Avrei già dovuto capire tempo fa che dalla gente ci si deve aspettare di tutto, ma io sono così, ci casco sempre, continuo a credere che quello che mi dice la gente possa essere vero. Poi però mi sveglio. Sempre. Che culo!

E per chi non ha capito cosa sia il fran, eccovelo spiegato, dal migliore...
"A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'è una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran. Cos'è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C'ha un'anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un'ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall'inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto fra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d'accordo, allora buona notte, notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto: fran. Non si capisce. È una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio."
tratto da Baricco, Novecento

venerdì 16 maggio 2014

Tu sei brava, tu sei carina, tu sei importante

Mi viene in mente questo splendido film. Che è bellissimo per tanti e tanti motivi, ma oggi mi suona in testa questa frase che la "tata" diceva sempre ai suoi bambini: "Tu sei brava, tu sei carina, tu sei importante". Può sembrare una banalità, ma infondeva in loro una cosa sconosciuta a molti di noi, l'autostima.
Anche a me sarebbe piaciuto crescere sentendo queste parole. Ma come spesso accade i genitori o chi ne fa le veci spesso sbagliano, e non per cattiveria, ma semplicemente per ignoranza. Ignorano il potere straordinario che hanno i loro comportamenti e le loro parole sulle nostre menti che sono spugne. E così può capitare di crescere sentendo dentro di sè una voce che dice "non ce la puoi fare, è una cosa più grande di te, non sei capace, lascia stare". Sono condizionamenti che ci portiamo dietro da bambini. E spesso ne siamo inconsapevoli. Le nostre paure, le ansie, il sentirsi fuori posto, inadeguato, non all'altezza, spesso non parlano di noi ma del nostro passato, delle nostre origini. Ma questa non deve essere una scusa. Si cresce, o almeno si dovrebbe. E crescendo si impara a conoscersi, a fidarsi di noi stessi, ad amarsi, pregi e difetti, si impara che ognuno di noi è uno splendido universo. Certo, ci avessero insegnato tutto ciò sarebbe stato tutto più facile, ma come mi disse un giorno una persona che ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita, "la vita non è facile, ma è molto più semplice di quello che sembra". E facile e semplice non sono sinonimi, ma su questo ho già scritto un post tempo fa...

https://www.youtube.com/watch?v=3Y2uEHQqE8Y

mercoledì 7 maggio 2014

Equilibrio

La vita è tutta questione di equilibrio.
E penso agli acrobati che camminano sul filo. Una linea sottile sottile, sospesa nel vuoto.
Ondeggiano.
E se cadono è finita la partita. Vanno giù.
Anche la nostra vita è tutta un gioco di equilibrio. E se lo perdiamo cadiamo anche noi. E ci ritroviamo laggiù, in un tunnel che sembra vita ma non lo è. Tra ossessioni, paure, ansie.
Comandati dal caos che abbiamo dentro.
E penso agli innamorati, che camminano stretti stretti, abbracciati, all'indietro come i gamberi, che non si lasciano nemmeno per un istante. E appena si staccano per salutarsi hanno le vertigini.
E' pure quello un problema di equilibrio.
Trovano un equilibrio insieme, stretti, come fossero tutt'uno. Spostano il baricentro dal proprio corpo. Lo spostano in un punto esterno, ad entrambi. A metà tra l'uno e l'altro. Né in uno né nell'altro. Per camminare insieme non si affidano a se stessi ma cercano un punto di incontro che non appartiene a nessuno dei due, ma ad entrambi allo stesso tempo. Nessuno guida l'altro, nessuno comanda, nessuno predomina. Per questo appena si separano gira la testa, ci si sente ubriachi. Manca l'equilibrio. Manca il contrappeso. Manca l'altro.
E così anche ogni separazione fa girare la testa.
La si perde il più delle volte.
I più selvaggi la ritrovano, combattono per un nuovo equilibrio, per ricostruirselo dentro quel baricentro. E magari lo murano tutt'intorno per non farlo più scappare via.
Il mio ho deciso tempo fa di lasciarlo libero. Che vada dove vuole. Facile trovare l'equilibrio camminando su un muro basso e spesso. Meglio fare l'acrobata per una volta. Almeno batte il cuore.
E ti senti vivo.

martedì 29 aprile 2014

Cerchi concentrici

Noi siamo fatti a cerchi concentrici. Il più esterno è il corpo. Col corpo comunichiamo molto più che a parole. E finché questo contatto manca si resta al buio. A volte basta uno sfiorarsi, una carezza, un gesto che magari hai fatto mille volte o ricevuto mille altre per farti vedere tutta la stanza illuminata. Che non c'era davvero buio, bastava solo aprire gli occhi...

martedì 1 aprile 2014

Ricomincio da me

Io mi stupisco sempre della gente. Spesso è uno stupore che sa di meraviglia. Stavolta però non è così. Stavolta sa di delusione. Più tratti bene le persone, più sei affettuosa, più sei paziente, più sopporti, più se ne approfittano. E se poi quelli si chiamano amici oltre al danno c'è anche la beffa.
Non è stato uno dei miei momenti migliori questo. Sono stata meno sociale e più introversa, più riflessiva. Ho avuto pensieri da sistemare, da metabolizzare, consapevolezze da prendere, sbagli da rimediare e futuro a cui pensare. Tutte cose mie che mi son sbrigata da sola. E che non ho mai fatto pesare a nessuno. Due o tre (ai quali ho appena detto che voglio bene) hanno capito che qualcosa non andava e mi sono stati vicini vicini senza alcun bisogno di chiederglielo. Ho sempre cercato di mantenere il sorriso, magari a volte forzato. Ora è tornato quello di sempre insieme ad una voglia di combattere tutta nuova.
Una voglia di costruire e di intraprendere una strada che è la mia, fatta di novità ma anche e soprattutto di passato. L'ho già scritto da qualche parte, cambiare tutto per tornare come prima... è incredibile come ogni volta la vita mi si riproponga... e come ogni volta impari sempre qualcosa in più di me e degli altri.
Come ritorni ad essere me stessa, ma arricchita di tutto quello che ho incontrato per strada. Di tutti i volti che mi hanno sorriso, di tutte le mani che hanno stretto le mie, di tutti i cocci che ho trovato per terra, di tutte le foto scattare e di tutte le parole appuntate. Alcune su carta altre sul cuore.
Questo post nasceva dalla delusione di chi invece di guardare se stesso guarda gli altri e inventa accuse tanto per avere qualcosa da dire.
Io voglio essere interessante non per qualcosa che ho da dire, ma per quello che riesco a trasmettere. Allegria, calore, serenità, gioia, sicurezza, affetto. Voglio che la gente mi cerchi perché ha piacere di stare con me, non sono una che cerca crocerossine e crocerossini, non l'ho mai fatto. Sono una che vuole scambi di energia positiva. C'è invece chi si crogiola. Io non appartengo a questa razza, e molti lo sanno. Io, anche quando ho le ali spezzate, provo almeno a correre, che prima o poi so che tornerò a volare. Non mi arrendo. Piuttosto rinasco.

venerdì 28 marzo 2014

Maledizioni

Essere bravi nel fare le cose, sapersela cavare sempre e comunque, essere accomodanti e sapersi adattare alla vita non è un bene, non sempre almeno.
E' una maledizione. Che ti offusca la meta.
Meglio non essere in grado. Molto meglio. Almeno lo scontro fa desistere. Almeno la strada è obbligata dai propri limiti.
Quando si sanno fare mille cose ci si perde per strada. E diventa un labirinto.
Meglio chi non può scegliere, chi è categorico, chi ha un solo dono. E con quello deve tirare le sue reti. Cibarsi solo con quello.
La molteplicità porta indecisione. Come una bellissima donna corteggiata da tutti. Vede troppi uomini che le si fanno avanti e non sa più cosa vuole. Non trova più interesse per nessuno, è tutto indifferente.
E sceglie magari il partito migliore. Il più semplice. Ma non dà nulla in cambio. Che tanto, andasse male, può sempre passare al prossimo.
Chi è bruttina invece sa che sarà difficile conquistare qualcuno, chiunque esso sia, che tanto ormai anche i bruttini se la tirano. Tanto vale concentrare le forze su quello che le fa battere il cuore. Impossibile per impossibile non le cambia niente, tanto vale assecondare il sogno e crederci. Un no in più od in meno non cambia molto. Ma se, per una volta, fosse un sì, sarebbe di certo quello giusto.
Ecco. Quello giusto. Il sogno giusto. Mica facile da trovare quando si ha troppa scelta. O anche nessuna. Che poi troppo o niente sono la stessa cosa.
Non si è più disposti a fare sacrifici, rinunce. A che serve? Se perdi sempre o vinci sempre perché mettersi in gioco?
Non tutte le vittorie e non tutte le sconfitte però sono uguali.
E quindi?
Stavolta la soluzione la cerco anch'io...

giovedì 6 marzo 2014

La paura del buio

Ho appena sentito una frase. Di sfuggita. Proveniva dalla tv accesa in un'altra stanza.

"La paura del buio si affronta conoscendolo. Bisogna capire cosa è che ci fa paura" diceva più o meno così.

E mi ricordo me da bimba. Avevo tanta paura del buio. Ero piccola piccola. Tre o quattro anni. Dormivo già nella mia stanzetta ma con la lucciola accesa. Un giorno si ruppe. E così ho scoperto la notte.
Mio padre si stese nel letto accanto a me e mi fece abituare al buio. Ho sempre dormito con le imposte aperte, sempre. Ma quando sei abituato ad avere una fonte di luce tutto all'improvviso ti sembra di un buio pesto. I primi attimi furono terrore.
Poi piano piano l'occhio iniziò ad abituarsi. Riuscivo a vedere le sagome degli oggetti. Poi anche i dettagli. Ogni tanto passava un'auto e ne scorgevo il bagliore. La luna... scoprii anche la luna. E tutta la luce che poteva fare.
Un altro sole, solo più discreto. Niente colori abbaglianti, niente di urlato ed esagerato. Tutto era più delicato, tutto simile, neutro.
Da quel giorno ho scoperto che il buio mi piace. Mi piace muovermi per casa senza accendere la luce. Schivare gli oggetti, dargli un nome mentre dormono. Ogni cosa ha una calma diversa nella notte. Come se riposasse.
E quindi? Perché avevo paura del buio?
Non l'avevo mai visto...
E quindi?
E quindi lo so che significa...
Iniziamo a dare i nomi alle cose, allora. Alle paure. Iniziamo a togliergli il velo di polvere lungo anni. Ognuno di noi ha le sue paure. Tutti giganti buoni. Tutti cani che abbaiano.

mercoledì 5 marzo 2014

Scrivere

Lo dico spesso, e chi mi conosce bene lo sa. Scrivere per me è un modo per liberare la mente. A volte i pensieri si accumulano. Si attorcigliano. Non riescono ad uscire dall'imbuto che ho dentro la testa. Fanno a botte per chi deve passare per primo. Fanno a gara, c'è chi si sente più importante di altri e pretende di avere la precedenza, anche se, magari, è l'ultimo arrivato. E lì si scatena l'inferno. Non sai mai a chi dare ragione, loro si scaldano ed iniziano ad azzuffarsi. Creano scompiglio, scalciano e lottano sollevando nubi di polvere che offuscano tutto quanto. Come se ce ne fosse ulteriore bisogno, di annebbiare tutto.
E così mi tocca fare da vigile.
Senza fischietto però. Uso la penna io. Ma non scrivo multe. Dita in posizione e via. Una parola dopo l'altra. All'inizio parlo di nulla, non lo so dove voglio andare a parare. Poi tutto diventa più chiaro. Inizio a buttare fuori, uno alla volta, i pensieri.
In fila, ordinati, come soldatini. Ognuno al suo posto. Quello che meritano. Divento arbitro di me stessa. A volte bagno il foglio o la tastiera, altre mi sento sfinita, altre ancora passano ore come fossero secondi. Sarà un universo parallelo quello lì. Un vortice dove il tempo non scorre.
Eppure appena finisco mi sento pulita. Leggera. Come se uscissi da un fiume. Non dal mare, che ha il sale e e sporca. Come se fossi stata ferma lì, a farmi trascinare dalla corrente. A far scivolare lentamente l'acqua sulla mia stanchezza. L'acqua che tutto porta via.
E poi all'improvviso alzo le dita dai tasti, o la penna dal foglio. E' finito. Così. Senza sapere come tutto è iniziato. Mi fermo e leggo. E capisco. Capisco solo dopo. Come le foto. Trovo il senso solo dopo averle scattate.
E' quello il momento migliore. E' quello che aspetto sempre con ansia. Quell'attimo solo mio. Quel sentirsi libero. Quel sentirsi.
E capisco che è la mia droga. E capisco perché i grandi artisti finiscono tutti con l'essere pazzi. Per quegli attimi di verità con se stessi. In cui non ti manca nulla. In cui tu sei. In cui c'è pace.
E quando un ingranaggio si blocca è astinenza.
Inutile stare lì a cercare di aggiustare. Meglio guardarsi intorno.
E cambiare pusher.

martedì 4 marzo 2014

Occhi

Ci hanno insegnato che sorridono, piangono, mentono, uccidono, amano... Ma sarà proprio così? Secondo me per lo più guardano.
E riflettono.
Pensieri ed immagini.
A volte riflettono il vuoto, altre volte quello che si ha di fronte. La soluzione allora è avere davanti a sé sempre qualcosa di bello; e se è proprio una giornata di quelle in cui non si trova nulla del genere, ci si può sempre mettere davanti lo specchio! :-)

lunedì 3 marzo 2014

La Grande Bellezza

Ha vinto l'Oscar. Io l'ho riguardato giusto qualche giorno fa, per caso...
Ma quanta bellezza c'è in ognuno di noi. Una grande infinita bellezza. Peccato che quasi nessuno la sappia usare. Distruggiamo invece di creare. Odiamo invece di amare. Perdiamo per strada i nostri anni migliori. Da idealisti e sognatori ci trasformiamo presto in cinici senza un domani. Facciamo tutto per non pensare. Per far passare il tempo. Usiamo tutto, gente e cose, per essere felici, brevi attimi di felicità in cambio di pezzi della nostra vita. Vendiamo l'anima al diavolo per un surrogato. E non ce ne rendiamo conto.
Siamo stati creati con scopi e progetti ben diversi. Siamo il frutto di centinaia d'anni di storia, di cultura, di arte, di vite che prima di noi avevano degli ideali.
Siamo ormai un popolo senza ideali. Apolidi. Siamo in continuo cambiamento, moda, stili, lavoro, affetti, città, perché niente ci va più bene così com'è.
In un mondo finto cerchiamo ormai sicurezza in rapporti e persone altrettanto finte. Come se la realtà fosse qualcosa di brutto da dimenticare. E forse lo è. Ma non è la realtà, è la nostra vita. Vite intrappolate nel nulla. Vite piene di illusioni infrante. Vite piene di dolori mai dimenticati. Vite piene di rimorsi, di rimpianti. Vite in apnea. Vite che scorrono senza avere vita. Vite che si trascinano stanche e senza meta un giorno dopo l'altro. Vite per occupare il tempo. Vite per arrivare alla morte.
Mi ricordo che qualche anno fa, appena fidanzata, guardando insieme foto mie da ragazza mi dispiaceva che lui non mi avesse conosciuta così. Pensavo che i miei migliori anni li avesse persi. Avrei voluto conoscerlo a vent'anni. Avrei voluto che mi conoscesse a vent'anni. Quando tutto è più fresco.
Oggi guardo me allo specchio e penso la stessa cosa. Mi spiace che io non mi sia conosciuta prima, non mi sia amata prima, mi dispiace avere perso i migliori anni della mia vita dietro ad altro. Mi spiace non averli passai in mia compagnia.
Perché in fondo la Grande Bellezza che ognuno ha dentro di noi è proprio quella, la nostra giovinezza. E' lo spirito che ci spinge a pensare grandi cose, quello che ci fa sentire invincibili. Quello che ci rende entusiasti, quello che ci rende capaci di sognare. Come gli amori da ragazzi, dove tutto è possibile, dove non esistono ostacoli e barriere, dove non esiste arrendersi e non ci sono sacrifici.
Da grandi è tutto più difficile. Si sente il peso di tutti i fallimenti precedenti. Si sente il peso dell'insoddisfazione. Ci si sente spesso inermi vinti dalla vita. Ogni cosa diventa un problema, insuperabile come le scuse che diamo a noi stessi.
Si diventa più buoni da grandi.
Sì, ma con noi stessi. A costo dell'obiettività. Si fanno grandi sconti, tanto il magazzino è ancora pieno e si deve cercare di vendere qualcosa per campare. Si cercano rapporti vuoti per tirare a campare, e si sconta tutto, anche la nostra integrità.
Questa prospettiva non mi entusiasma per niente. Io credo ancora nella Bellezza. Mi batte ancora il cuore quando la incontro. Un animale, un ideale, un amore, un arcobaleno, un'alba. Ancora non sono cinica, però mi sento circondata, e mai come in questo periodo vivo tutto ciò da vicino, molto vicino. A volte ho paura che possa contagiarmi, come il morso di uno zombie, e che possa diventare come loro.
Ho paura. Ecco l'ho detto. Ho paura del domani. Ho paura di cambiare e di non cambiare. Di peggiorare. Ho paura di farmi di nuovo male. Ho paura di non avere abbastanza coraggio.
Ma avere paura non significa, in fondo, che sono ancora viva? Significa che ancora c'è speranza...
Se sono fortunata ho ancora qualche anno dei miei migliori da poter passare in compagnia di me stessa. Mano manina con lo sguardo al futuro, per fare grandi cose insieme, provare grandi passioni e grandi amori.
E per quanto riguarda le cazzate, quelle continuo a farle come quando avevo vent'anni... anzi, meglio!

martedì 18 febbraio 2014

Certezze...

Ecco, mi son preparata. Ho spento la luce, acceso il piccolo lume comprato dal rigattiere vicino Venezia, quello con la base di vetro azzurra, che mi piace pensare sia di vero vetro di Murano. Ho messo su un pò di musica, jazz, e chiuso la porta. Ma ho aperto il mio mondo. Un mondo fatto di tasti e di penombra. E' questa la mia vera notte. Solitaria, col plaid sulle gambe se fuori fa freddo. Con una tazza di te accanto al mouse se il freddo è anche dentro. Stavolta niente freddo.
Sta arrivando l'estate.
Stamattina in terrazza ne ho sentito l'odore. E mi si è aperto il cuore. Da qualche parte questa cosa qui devo averla già scritta. Io fino a qualche anno fa odiavo l'estate. Mi piaceva il freddo. Il sole, il mare, non facevano per me. Ora chi mi toglie dal mare mi fa una vera e propria violenza, fisica. Io sono fatta per questa città, c'è poco da fare. Ci ho provato ad andare via, ma il mio cuore sanguinava. Io non riesco a stare lontana da quello che amo. Anche per questo avevo detto addio a questa mia Palermo. Ma l'amore vero e grande alla fine è qui. La mia famiglia, le mie radici, la mia terra.
Questo lo sanno in pochissimi, ma io, fin dal primo giorno in cui mi ero trasferita ricevevo ogni sera un sms da mio padre con su scritto: "Buonanotte a papà". Che per chi non conosce il gergo siculo può sembrare strano. Qui si dice così. Ed ogni sera erano lacrime. All'inizio con i singhiozzi. Poi piano piano sono diventate lacrime silenziose. La mia risposta era sempre: "Buonanotte pà". E sì, c'è questo rituale a casa mia. Ci salutiamo prima di addormentarci. Sempre. Che non si sa mai. E a qualsiasi ora rientri, da sempre, appena rincasata e tolti i tacchi passo dalla stanza dei miei genitori e dò loro un bacio. Inizio con mio padre, poi faccio il giro del lettone e bacio mia madre. Infine mi abbasso ai piedi del letto e spupazzo Lillycane. Fino a quando c'era anche mio fratello in casa aprivo la porta della sua stanza per vedere se c'era. Niente baci a lui, che urlava e svegliava tutto il palazzo. E' sempre stato stronzo.
Da un pò ho ricominciato questo rito tutto nostro. E devo dire che mi mancava tanto. Così come mi mancava guidare la notte. E la notte più bella per farlo è quella del lunedì. Che Palermo ormai, qualsiasi sia il giorno della settimana, è affollata a qualsiasi ora. Tranne il lunedì. Tranne oggi. Stasera già a mezzanotte le strade erano quasi deserte. La macchina scivola via veloce e fluida. Io e la mia città. Mi viene sempre in mente una canzone... tutta mia la città... E d'estate, col finestrino aperto, il fresco estivo che entra e accarezza la pelle... la notte ha un gusto tutto particolare. E' familiare. Non mi sento mai sola. Mi sento me. Mi sento a casa. A volte faccio un giro lungo per rincasare. E passo al mare. Devo allungare davvero tanto, ma ne vale sempre la pena. Mi rifornisco di ossigeno per i sogni.
Ultimamente il lunedì ha anche un sapore diverso. Guidare ha il sapore dei pensieri. Pensieri maturi, pensieri miei, pensieri che non hanno a che fare con uomini o meglio ominicchi ma che parlano di vita. Ogni tanto sono vere e proprie bastonate. Mazzate belle forti, assestate con un colpo secco. Ma non fanno mai male. Anzi, più forti sono, più intensi e veri sono i pensieri dopo. Oggi è stato giorno di mazzate.
Ne avevo avuto un'anticipazione qualche mese fa. Qualcuno cerca di convincermi che tutto il lavoro che ho fatto finora su di me è sbagliato. Ci ho messo tempo e fatica per riuscire ad arrivare alla mia ricetta magica. Che in amore i sacrifici non valgono. Che devo essere sanamente egoista. Volere e non più solo dare. Che troppe volte sono rimasta con un pugno di mosche perchè ho sempre assecondato, sopportato, trovato compromessi, mediato, sacrificato. Ora che sono giunta a capire che la persona da rendere felice sono solo io, me stessa, ecco che arriva qualcuno a scardinare tutto ciò.
E mi dice che amare è farsi limitare dall'altro...
E a queste parole mi parte un urlo dentro. Mi sono ripromessa che dopo l'ultima storia mai nessuno mi avrebbe vietato qualcosa, mai e poi mai avrei messo da parte Sabrina e le sue passioni, che mai e poi mai mi sarei fatta limitare... che io sono importante, la più importante per me...
E mi dice che in amore ci si deve fare secondi...
E mi dice che dobbiamo accogliere l'altro e non solo per il nostro piacere...
Dunque, impiego 36 anni ad emanciparmi dall'universo maschile, anzi, dal prendere consapevolezza che esisto anche io, e poi qualcuno gioca a rimescolarmi le carte...
E' difficile da mandare giù, il boccone non vuole proprio scendere. Al rumore che fanno nella mia testa e nel mio cuore le parole sacrificio, accettare, sopportare, non resisto. Sale l'ansia.
Sarà difficile questo fine settimana, lo sento. Ma non vedo l'ora.
Che vuoi vedere che non ho sbagliato ad amare nella vita, ma sbagliavo solo persona?
Non lo so, io intanto metabolizzo queste parole che mi fanno ancora tremare.
Che ci ho rimesso sempre tutto. Per amare. E per amare così. Per sacrificarmi. Per andare incontro. Per discutere e non lasciar correre. Perchè ne valeva la pena. Perchè l'amore è sangue e sudore. Perchè è qualcosa che si deve costruire. Che si deve aspettare.
E stavolta avevo cambiato tattica. Nessuna rinuncia. Solo la mia felicità. Solo me.
Che poi sola in realtà non lo sono mai. Sono sempre piena di vita.
E va bene... Sono disposta ad ascoltare, vediamo se mi convince. Non pretendo di sapere tutto nè di avere la verità assoluta in mano. Mi metto in discussione, anche stavolta.
Però vediamo chi vince!

venerdì 14 febbraio 2014

Libertà

E' da qualche giorno che sto male. Sono bloccata a casa con la febbre alta. Le giornate trascorrono tra sdraiata a letto, seduta a letto, a letto col pc, sul divano, in giro per casa tipo zombie. Sono in uno stato di prigionia forzata. E mi vengono in mente le parole di una persona speciale che tempo fa mi hanno fatto un gran bene.
"La maggior parte di noi è fortunata perché anche se fuori piove può sempre scegliere di prendere l'ombrello e uscire di casa."
Quanto è vero, noi possiamo sempre scegliere cosa farne di quel giorno lì. Possiamo uscire, rimanere a casa, prendere l'ombrello, bagnarci... Siamo liberi di fare qualunque cosa. E' assolutamente vero. Siamo fortunati. E non è nemmeno vero però che se sono a casa malata sono meno libera. Posso sempre scegliere. Le trappole e le prigioni sono anche mentali. Lo sono il più delle volte. E sono le più pericolose. Essere uomini liberi è difficile. Rendersi conto che non lo si è, è ancora più difficile.
Ci sono anche altre parole che mi risuonano in testa in questo momento. Ed anche stavolta posso dire di essere stata fortunata. Riguardano l'amore. Quello con la A maiuscola. Io l'ho conosciuto. Non che l'abbia mai incontrato, ma so cos'è. Perché l'ho provato. E nonostante tutte le lacrime versate, nonostante le bugie, nonostante gli addii, nonostante tutto sono contenta. Contenta perché certe emozioni io le conosco. Fanno parte di me. Sono io quella lì. Quella che fa cazzate, quella che non si arrende, quella che combatte. Quella che ama, che coccola, che parte. Quella che ci crede. E ne sono orgogliosa. Sono quella che anche se sbatte la testa e si rialza. Ed anche se continua a sbatterla ha sempre un sorriso in volto, magari tra le lacrime.
Non so se sono stata chiara stavolta, non penso. La febbre non mi lascia scrivere come vorrei. Il messaggio che volevo mandare è solo uno: siate liberi. Liberi di vivere, liberi di amare, liberi di lasciare, liberi di fare della vostra vita quello che volete. Vivere non è semplice, a volte fa anche un male cane, ma non per questo si deve mollare. La vita è come l'amore, è qualcosa di vostro, solamente vostro. Che ci siano altri in mezzo poco importa, sono le emozioni che provate voi a fare la differenza. Sono quelle che vi rimangono dentro. Che poi, forse, vita e amore sono la stessa cosa. E di occasioni per farlo non ne abbiamo poi tante. Abbiamo un timer nascosto da qualche parte, ed appena suonerà saranno cazzi...

martedì 4 febbraio 2014

Calli

Che brutta cosa i calli!
Sono brutti sì, ma anche pericolosi. Perché mai? Perché nascondono il dolore.
Fanno abituare, attutiscono il fastidio, ma quello sta sempre lì, non è che va via. Sono un cuscinetto che smorza le sensazioni.
E sono ovunque, i calli.
Nelle mani, nei piedi,
nel cuore.
Brutta cosa non sentire le emozioni del cuore. Magari a volte non saranno belle, ma il callo non è affatto intelligente, lui isola. Isola dal male ed isola dal bene.
E soprattutto non cura.
E se per caso un giorno vai dal callista poi ti trovi a non saper più suonare, a non saper più camminare,
a non saper più amare.
Brutta brutta cosa...

mercoledì 8 gennaio 2014

Qualche mese fa

Qualche mese fa facevo la spesa in un mercato del nord italia, uno di quelli in cui tutti gli ortaggi sembrano finti e perfino le ciliegie sono disposte in file indiane ordinate e parallele. Scambiando due parole con la fruttarola ci trovammo a fare un discorso che solo ora capisco davvero. La notte prima era nato il figlio del principe d'Inghilterra, quindi quale miglior argomento se non il gossip fresco fresco di giornata. Non ricordo come dal principino siamo arrivate alla vita personale della signora e alle sue gravidanze. Due gravidanze difficili, specie l'ultima, passata quasi tutta in ospedale, tutta col patema d'animo di poter perdere il bambino da un momento all'altro. E mi raccontava che gli ospedali fanno schifo, che, mentre lei e altre mamme come lei lottavano giornalmente, fanciulle e ragazzine ventenni entravano ed uscivano come fossero dal parrucchiere, e finito l'aborto per rimediare all'incidente capitato chiamavano al cellulare lo sgallettato di turno o le amiche del cuore per raccontare come era andata "questa" volta, se era stata più veloce della precedente e meno dolorosa, per trovare un passaggio fino a casa e organizzarsi per andare in discoteca il giorno dopo. Lei mi raccontava dei pianti che si faceva per tutto quello schifo e che quando le sentiva parlare così stringeva la pancia tra le mani e diceva all'esserino che ospitava là dentro: "tu non ascoltare, tieniti stretto alla mamma".
Il racconto allora mi fece solo schifo, mi fece schifo la superficialità e la leggerezza delle ragazze delle nuove generazioni, la facilità con cui accadono certe cose e con cui si rimedia a certe cose. Per fortuna le ragazze non sono tutte uguali, ma la paura che ormai siano tante a pensarla così c'è.
Oggi invece capisco meglio la paura che si deve avere di poter perdere qualcosa di così importante. E capisco anche che non è vero che il bambino nasce il giorno del suo compleanno. Perchè in realtà, anche se realtà ancora non è, il pargoletto per i genitori nasce nel momento in cui sanno per la prima volta che fra qualche mese ci sarà. Nel momento in cui iniziano ad avere sogni e speranze, in cui iniziano a fare progetti, in cui pensano a come sistemare la stanza degli ospiti e a fare la lista delle cose che dovranno comprare. E dal pensare se sarà maschio o femmina al fantasticare su quello che farà da grande ed a vedersi nonni con nipotini al seguito il passo è breve! Nasce nel momento in cui entra nei loro pensieri. E lascia uno strano vuoto quando va via così, all'improvviso, del tutto simile ad un lutto.

Leggendo qua e là...

  • "...ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all'estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte nè brucia nel fucoco. (...) in me (...) è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona." da Grossman, Che tu sia per me il coltello
  • "...gli ho detto, quel che di bello c'è nella vita è sempre un segreto... per me è stato così... le cose che si sanno sono le cose normali, o le cose brutte, ma poi ci sono dei segreti, ed è lì che si va a nascondere la felicità.." da Baricco, Castelli di rabbia
  • "Fanno delle cose, le donne, alle volte, che c'è da rimanere secchi. Potresti passare una vita a provarci: ma non saresti capace di avere quella leggerezza che hanno loro, alle volte. Sono leggere dentro. Dentro." da Baricco, Oceano Mare