Qualche giorno fa S. mi ha preso sottobraccio:
- Lucia mi aiuti a fare i compiti? (mi chiama sempre Lucia, pazienza!!!)
- Si, cosa hai per oggi?
- Italiano, una lettura e molte domande
- Dai, prendi il libro...
S. inizia a leggere "L'esperienza esaltante della droga". Caspita, lezione seria oggi pomeriggio!
Lei legge e più legge più penso...
Penso a me a 12 anni, penso a me ragazzetta felice senza problemi, che nel mio mondo e tra le mie amicizie non ho mai avuto di questi problemi. Un'infanzia felice e serena, la mia, nessun problema e bravi ragazzi come amici, un mondo idilliaco insomma.
E la sua infanzia, invece? Chi avrà come amici? Le sarà mai capitato di avere avuto offerto qualcosa? I miei erano anche altri tempi, le droghe c'erano ma non così diffuse, specialmente tra i ragazzini. C'erano le canne, ma quelle contano poco, e poi c'erano le droghe pesanti, e quelle ai ragazzini facevano paura...
Ma ora, tra pillole e acidi, masticati come caramelle o sciolti nelle bibite, è tutto più facile, tutto indolore, tutto un gioco.
La lettura va avanti. La protagonista della storia va ad una festa, tutti sono gentili e carini con lei, la accettano e le sono amici, lei conosce bene solo una ragazza lì, e questa le offre da bere e le dice che inizieranno a giocare, tutti tranne uno, una specie di balia, una baby sitter. Lei beve e inizia a sentirsi male, e poi ride, ride, ride. Un mondo fantastico le si apre davanti, luci, colori, suoni, risate... Poi, però, passata la festa, continua a farlo ancora senza sapere perchè, tutto non ha più senso senza quei viaggi, inizia la dipendenza, l'assuefazione. Inizia una vita vuota.
Finita la lettura si passa alle domande.
Dopo quelle di analisi del testo, quelle facili, quelle sui protagonisti, sulle loro azioni e sui luoghi in cui si svolge la storia, arrivano quelle difficili, quelle che odiano perché devono parlare di loro, quelle sulle riflessioni... "Tu come ti saresti comportata? Perché la ragazza rimane e non va via? Se ti capitasse di avere un amico nella stessa situazione come ti comporteresti? Lo allontaneresti, ne parleresti con qualcuno?..."
Ecco che inizia il mio vero compito. Fare volontariato non significa solo farli leggere bene e aiutarli a scrivere in italiano. Angela, Floriana, Emanuela, Lucia ed io ci troviamo a dover affrontare il ruolo di educatrici, così come dice Michela. Alla fine che facciano tutti i compiti importa veramente poco, serve invece aiutarli a crescere, a fare delle scelte, a fargli capire la differenza tra il bene ed il male, a conoscersi e a capire quanto ognuno di loro sia speciale ed importante e a renderli curiosi del mondo che c'è lì fuori.
Un pomeriggio di qualche settimana fa, alla stazione, in attesa di un pullmann, Lucia mi ha detto: "fuori c'è un mondo che lei non vedrà mai se continua così, e questo mi fa rabbia".
Si, la cosa contro cui dovremmo davvero lottare è l'assenza di sogni e di aspettative di questi bambini. I sogni non servono in quel quartiere se non a mettere grilli per la testa.
Finita la scuola media i ragazzini imparano un mestiere o vanno
a travagghiari in nero, o aiutano il padre nella
putia o per strada, l'importante è
purtari u pani rintra.
E le ragazze? Per loro è ancora più dura; fanno le
faccende e accudiscono i fratelli minori, l'unico sogno che gli è concesso è quello di sposarsi e avere una casa tutta loro, un marito e dei figli. Che poi non è nemmeno sbagliato come sogno, ma non dovrebbe essere l'unico. Dovrebbero volere una loro autonomia, essere curiose, conoscere il più possibile e coltivare le loro passioni, non rinchiudersi in una casa davanti la tv in attesa del marito; dovrebbero vivere!
Ritornando a S., abbiamo parlato, l'ho guardata, le ho sorriso e le ho spiegato che lei è l'unica persona importante, il resto non conta, conta solo cosa vuole lei, non gli altri.
Gli amici, se sono veri, ci accettano così come siamo, non ci impongono regole e comportamenti da branco. Ognuno di noi è libero di dire di no, senza alcun obbligo o imposizione esterna. Una sigaretta, una pillola, una avance pesante, possiamo sempre rifiutare, dobbiamo.
E se ci deridono, se ci isolano, se ci lasciano a piedi, si vede che non era quello il nostro posto, c'è sempre una alternativa, c'è sempre qualcuno con cui parlare, c'è sempre un'amica più grande, ci siamo sempre noi su cui può contare e che possiamo andare a prenderla a qualsiasi ora ed in qualsiasi posto, senza rimproveri nè urla.
Alla fine della lezione ha voluto il mio numero di telefono...
Ora nel corridoio mi sorride e mi indica il cellulare: ho il tuo numero...