mercoledì 13 novembre 2013

Tempo

Sono fottuta.
E già, l'avessi capito prima sarebbe stato diverso. Sai quando d'improvviso la nebbia scompare e lascia lì la realtà?
Ecco, non dovevo fare l'architetto!
No no, dovevo dare retta al destino che si era messo contro, e sinceramente se guardo indietro, si è proprio messo lì, con tutte le sue forze a soffiarmi contro per tutta una vita.
Sì, io me lo immagino così il destino, come il vento, come nei fumetti, un ricciolo grigio con qualche foglia vorticosa dentro che spinge solo in un punto preciso.
Dicevo, il destino me l'aveva detto, non mi aveva fatto passare, 309 su 300, niente da fare, fuori!
Ed io infatti ero corsa, senza nemmeno troppa disperazione, a iscrivermi ad un'altra facoltà.
Ma come mi venne questa balorda idea di fare ricorso non lo so!
Ecco, fottuta!
Anzi lo so, fù una mia amica, anche lei respinta da questi test a dirmi: "dai dai dai, facciamo ricorso!"
Ed a quell'età incerta, in cui io certo non brillavo per intraprendenza, che vuoi fare, ti fai trascinare in certe avventure che poi ti segneranno la vita... o te la disegneranno, nel mio caso.
Così fù fatta, la frittata.
Certo, devo dire che gli ingredienti indigesti, oltre alla uova già passatelle, erano numerosi, ma io sono fatta in modo strano, nelle cose ci devo sbattere la testa, altrimenti non le capisco.
Altro che San Tommaso, quello mi fa un baffo! Ma poi San Tommaso, li aveva i baffi? Booo.
Comunque ritornando alla mia ottusità come è mai possibile che mi incastro e lego, incateno, sigillo, involucro, sotttovuoto, sottosopra, in certe cose che nonlosonemmenoioperchèlecontinuosenonlevogliopiù!
Lo devo chiedere al mio analista...
Magari lui lo sa, o non lo sa, ma siccome lo sente dire a me, che ci vado perché non lo so, ma in realtà lo so perché ma non voglio rendermene conto, ed a lui che è un estraneo lo dico, solo perché mi convinco che in quella stanza non c'è nessuno che ci sente, nemmeno io mi sento, infatti non si parla in quelle stanze lì, si vomita, tutto fuori, tutto di botto o a singhiozzi, a rate, così, come ci vien meglio, che poi dipende anche da cosa abbiamo mangiato, da cosa ci ha fatto male ed in che quantità e per quanto tempo.
Ma alla fine, cazzo, c'è lui in quella stanza! E lui le cose le sente, anche se volte fa finta di dormire, o davvero sonnecchia un pò guardando l'orologio, fatto sta che le cose, vuoi o non vuoi le sente, e le sente bene, non ha problemi di udito, e se le ricorda pure, lo stronzo! Che sentirle, cioè farsi attraversare dal suono da orecchio ad orecchio, senza passare dal cervello, no? vero? fare come tutti i maschi e non collegare il cervello ma lasciarlo bello tranquillo in stand by che poi la luce chi la paga? E così lui le sente, le parole, e furbo, te le ripete. Le tue. Ed io che sono andata lì, lo pago, per sentire le mie parole... una mente eccelsa pure io, non c'è che dire, ma questo già lo sapevo, altrimenti che lo scrivevo a fare qui questo pezzo.
A proposito di questo pezzo, perchè l'ho scritto? Anzi, lo sto scrivendo, che io sto scrivendo ora, anche se voi lo leggerete in differita, ma meglio così, almeno ho il tempo di correggerlo da errori di ortografia grossolani che nemmeno un bambino di terza elementare....
Ah, già. L'ho scritto per dirvi due parole. O dirmi, a questo punto non ci capisco più niente.
Le due parole sono: il tempo.
Non preoccupatevi, non sono definitivamente matta, no, ora non inizierò a parlare di perturbazioni, di correnti che vengono da non so dove, e così via...
Il tempo inteso come scorrere dei minuti, delle ore, dei giorni, dei mesi, degli anni, come quello che ogni volta perdiamo, sfruttiamo, gettiamo. Che quello non torna più, e non si differenzia mica, che una volta nella pattumiera va insieme all'indifferenziato a riempire le discariche delle città.
Ma anche tempo come ritmo, tempo musicale, quello esatto in cui uno strumento deve iniziare a suonare.
Pensate ad un'opera lirica.
Il teatro pieno di gente, il brusio di tutti quelli che si sono incontrati lì e dopo essersi tolti il cappotto scambiano quattro chiacchiere col vicino, il rumore attutito dei passi sulla moquette, le porte dei palchi che sbattono, le luci che piano piano si abbassano, il silenzio quasi assoluto, il sipario di velluto rosso che si apre e l'orchestra che inizia a suonare...
Ecco...
Se il primo violino non percepisse il giusto tempo, immaginate voi che disastro... altro che melodia! Ed invece lui è lì, con l'orecchio pronto, e zac! inizia a fare zin zin proprio quando deve.
Che culo!
Sono fortune queste, di capire esattamente il tempo giusto, dico. Anche se saper suonare il violino non deve essere neanche male...
Io il mio tempo non l'ho mai saputo trovare. L'ho sempre perso strada facendo. L'ho inseguito che ormai era tardi, l'ho sentito troppo debole, non l'ho sentito affatto, l'ho confuso con un altro.
Ah, se avessi avuto la stessa prontezza del violinista!
Qualcuno dice che imparerò, che il cammino che sto facendo mi porterà a capire qual è il tempo in cui fare le cose, che anche quelle giuste, sbagliando i tempi, non hanno lo stesso effetto.
Pensate ad una battuta, se sbagli i tempi non la capisce nessuno. Devo andare a lezione di teatro, è deciso! O di ballo.
Ma non l'ho già fatto?
Niente allora sono irrecuperabile, spero che nessuno di voi mi assomigli!

Buon tempo allora, e buon ritmo!

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Leggendo qua e là...

  • "...ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all'estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte nè brucia nel fucoco. (...) in me (...) è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona." da Grossman, Che tu sia per me il coltello
  • "...gli ho detto, quel che di bello c'è nella vita è sempre un segreto... per me è stato così... le cose che si sanno sono le cose normali, o le cose brutte, ma poi ci sono dei segreti, ed è lì che si va a nascondere la felicità.." da Baricco, Castelli di rabbia
  • "Fanno delle cose, le donne, alle volte, che c'è da rimanere secchi. Potresti passare una vita a provarci: ma non saresti capace di avere quella leggerezza che hanno loro, alle volte. Sono leggere dentro. Dentro." da Baricco, Oceano Mare