lunedì 25 novembre 2013

La malattia curabile

"Vede dottore... non so come dirglielo". (...)
"(...) Il fatto è, dottore, che io sono felice". (...)
"Dottore mio, mi stupisco di lei. Mi segua nel ragionamento. La felicità secondo lei è definitiva?".
"Ma che ne so io? No, credo di no, a occhio".
"Ecco vede? Non può durare per sempre. E quando finisce come mi ritrovo? A me è capitata nel momento sbagliato. Purtroppo. Ma adesso io devo trovarmi un lavoro, una donna, dare un senso alla mia vita. Non posso perdere tempo a godermela, come dice lei. E' una felicità che non posso permettermi, dottore. Mi aiuti". (...)
"Tenga, Barbagallo. Depressin gocce, quindici prima dei pasti, e Tristanzuol compresse, una prima di dormire. Vedrà che starà peggio molto presto".

tratto da La memoteca di Marco Pomar.

Se ancora non lo conoscete vi consiglio di andare a comprarlo subito, anche solo per questo racconto che vale un libro intero.
Una felicità che può causarci problemi, strano punto di vista.
Una felicità regalata così, senza alcun merito, senza alcun motivo. Abituati come siamo ad una vita in cui tutto deve essere perfetto, lavoro, soldi, amore, per poterci sentire soddisfatti e sperare nella felicità, ci sentiamo spiazzati quando arriva da sola. Come se dovesse essere il raggiungimento di un obiettivo, il premio per essere arrivati alla meta. Invece spesso è l'esatto opposto. Più si ha, più si vuole, più in là si sposta il confine oltre il quale dovrebbe esserci la felicità. Che siamo abituati ad essere giudicati per quello che abbiamo e non per ciò che siamo davvero. Senza un lavoro, senza una casa, senza un amore non siamo nessuno, siamo falliti e non possiamo meritarci nulla. Non esistiamo. Allora giù, testa bassa, sacrifici, pur di meritarci un posto in questo mondo. E quindi ecco accontentarci di un lavoro che odiamo, di una casa anche al nord vista nebbia, di un partner che potrebbe essere qualsiasi altro tanto non cambierebbe molto. E così tutto sfugge di mano, altrochè!
Oppure vogliamo sempre di più, sempre meglio, ed allora sacrifichiamo una vita e dei figli per fare carriera, dopo la casa in città vogliamo la casa al mare, quella in montagna e lo studio, e con la stessa frenesia cambiamo compagno/a ogni qual volta incrociamo qualcuno che ci sembra migliore.
E la felicità la lasciamo lì, irraggiungibile, su un podio troppo alto da raggiungere. Mentre spesso sta proprio giù, per terra, a disposizione di tutti, ad altezza bambino, che solo loro ormai riescono a prenderla.
Quando non hai più niente a volte ti spunta un sorriso. Da solo. E ti rendi conto che non c'entra nulla con la serenità o con la tranquillità. C'entra solo con il fatto che sei vivo. E questo basta per essere felici.
E non è nemmeno vero che la felicità è transitoria. E' dentro di noi, sempre. Il problema è che non lo sappiamo e la cerchiamo dentro gli altri, dentro altro. Così quando ci viene a mancare questo qualcosa ecco che sprofondiamo e la perdiamo di vista.
Certo, è DIFFICILE credere che sia tutto così FACILE. Siamo abituati ad essere troppo complicati.
Ci siamo trasformati in conquistatori quando invece siamo nati esploratori!
Buona avventura, allora.

E grazie a te, Marco!

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Leggendo qua e là...

  • "...ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all'estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte nè brucia nel fucoco. (...) in me (...) è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona." da Grossman, Che tu sia per me il coltello
  • "...gli ho detto, quel che di bello c'è nella vita è sempre un segreto... per me è stato così... le cose che si sanno sono le cose normali, o le cose brutte, ma poi ci sono dei segreti, ed è lì che si va a nascondere la felicità.." da Baricco, Castelli di rabbia
  • "Fanno delle cose, le donne, alle volte, che c'è da rimanere secchi. Potresti passare una vita a provarci: ma non saresti capace di avere quella leggerezza che hanno loro, alle volte. Sono leggere dentro. Dentro." da Baricco, Oceano Mare