lunedì 16 giugno 2008

Storie di furti e non solo...

Voglio scrivere questo post da parecchio, voglio raccontare una storia, una delle tante che mi ha insegnato il centro e la gente. Mi è tornata alla mente perché pochi giorni fa ad un amico hanno rubato la moto, all'interno del cancello di casa.
Per chi non sapesse come funziona qui, lo spiego in due parole: qualsiasi cosa ti rubino puoi riaverla, bastano le persone giuste e giusti "argomenti". Tutto qua. Semplice, no? D'altronde devi pur ringraziare per il disturbo...
Ma non sempre è così, dipende dai quartieri, dalle loro leggi. A volte i furti non sono organizzati e pianificati per essere poi restituiti dietro compenso. A volte è la fame che ti spinge a rubare, a volte non è lucro ma bisogno, non organizzi, ma prendi quello che ti capita sotto tiro.
E così è successo al centro, una sera che avevamo deciso di rimanere fino a tardi e mangiare tutti insieme, una sorta di festa, un giorno per staccare e divertirci tra noi volontari ed operatori.
Ad un tratto della serata però un imprevisto che nessuno avrebbe mai pensato, rubano la moto ad uno di noi. Caspita che colpo! La moto era posteggiata proprio davanti le scale del centro, a pochi passi da noi e dalle stanze accese.
Il tempo di realizzare cosa fosse successo che alcune di noi iniziano a chiedere alle signore in strada. Inutile dire che lì conosciamo tutti e tutti conoscono noi.
Il centro è un organismo che si è venuto ad inserire in un contesto sociale consolidato e con esso cerca di mediare tutti i giorni, instaurando e mantenendo equilibri sul filo del rasoio. Lì si insegna, per quanto possibile, onestà e lealtà, si da una alternativa alla strada, ed è superfluo sottolineare che non è visto da tutti di buon grado. C'è chi lo ama e chi lo odia. Ma anche chi lo usa e viene a patti.
E' il simbolo di un cambiamento, e fino ad allora noi non sapevamo come realmente fosse visto da chi il quartiere lo abita. Lo abbiamo scoperto solo quella sera...
Ritornando a quella sera, ci dividiamo in gruppi e occupiamo ogni angolo della piazza, parliamo con la gente cercando di capire che fine avesse fatto la moto. In breve tempo intorno a noi si crea una calca di ragazzini, tutti col telefono in mano, in un via vai di scooter.
Ad un tratto ci chiamano, vogiono le chiavi... Dopo 5 minuti ecco che arriva un ragazzo sulla moto, la posteggia esattamente dove era prima, saluta e va via... lasciandoci tutti senza parole...
Al di là di tutto quello che si può dire, al di là dell'inutile retorica, ci siamo accorti che la realtà è ben diversa da come dovrebbe essere.
Normalmente si sarebbe dovuto denunciare un furto, normalmente non si discute con i ladri, normalmente questi si chiamano "reati". In realtà però la moto è stata restituita. E senza uscire denaro. Non voglio dire che hanno fatto bene a rubare una moto, assolutamente, non sto giustificando quello che cmq è sempre un atto illegittimo, sto solo analizzando la cosa dal punto di vista sociale. In quartieri particolari qualsiasi segnale anche piccolo è una conquista; che il furto sia stato uno sbaglio, questo è innegabile, ma la restituzione della refurtiva è tuttavia un indizio positivo, no?
Che significa allora tutto ciò?
Significa che il centro sociale non ha cambiato la realtà del quartiere, ma ne è stato assorbito. E si è adeguato alle sue regole, che usa a suo vantaggio. Ma tutto ciò non è una cosa negativa in sè. Sembra strano ma è positivo. Il centro è stato accettato, è stato riconosciuto parte integrante, cosa loro.
Un principio mafioso? No, in realtà è un principio sociale. In una società non si va uno contro l'altro, all'interno di un gruppo si è solidali, è con gli altri, gli "estranei", che si fanno le guerre. La moto è stata rubata di sera, quando nessuno del centro di solito è lì, è sembrato appartenesse a qualcuno di passaggio, non a qualcuno della stessa comunità, infatti una volta capito lo sbaglio è stata restituita.
Non siamo nemici, ma parte integrante del quartiere. Non siamo visti come intrusi, ma siamo rispettati. Il centro, portatore di valori diversi dai loro, è degno di rispetto!
Il centro, inoltre, si adegua alle abitudini sociali del quartiere, dialoga, discute, parla. Non ricorre ad un potere esterno, ma esercita il suo nel linguaggio comune della strada. Questa è integrazione. E l'integrazione è un segno positivo.
Essere accettati in un contesto del genere è significativo. Riuscire a mediare anche. Non è complicità, ma agire all'interno di un contesto utilizzando le loro regole, portare a piccoli cambiamenti poco per volta, conquistandosi la fiducia della gente... Farsi accettare per fare accettare i propri valori, poco per volta, senza imposizioni, lasciando una libera scelta.

E c'è un altro aspetto, per me eccezionale, di questa storia: le donne!
Sono state proprio loro ad attivarsi per trovare la moto. Noi volontarie donne abbiamo parlato con le donne del quartiere e queste hanno parlato a figli e mariti. Le donne, in un quartiere degradato come quello, hanno un loro potere e non sono sempre subordinate. Fa piacere constatare che le donne sono ascoltate e prese in considerazione, che possono cambiare le situazioni, che riescono a convincere gli uomini. Credo che una delle molle di sviluppo sia proprio questa loro forza, questo loro essere combattive, questo farsi portatrici di principi nuovi, questo appoggiare i figli nello studio, questo ribellarsi al quartiere ed anche ai mariti, questo non subire più da inermi, questo essere consapevoli che si può cambiare, anche in un quartiere come il loro...
Viva le donne, viva le madri.

7 commenti:

Baol ha detto...

Verissimo, è sicuramente un segno dell'inglobamento e direi anche dell'apprezzamento che il quartiere ha per quello che fate :)

ciao!

Calibano69 ha detto...

Beh, che dire, il vostro è sicuramente un caso di integrazione che ha permesso una felice conclusione della vicenda, ed il merito va sicuramente alle persone che in quel centro lavorano giorno per giorno.
Ma, ahimè, nella maggior parte dei casi si è costretti a tirar fuori gli "argomenti" giusti con le persone giuste, e ti posso assicurare che alla fine ti ritrovi ad avere una sensazione di disgusto sia nei confronti di coloro che rubano sia nei confronti di te stesso, perché ti sei piegato alla loro logica pur di riavere quello che ti hanno tolto.
Te lo dice uno che ha subito già tre furti...
:-(

Bk ha detto...

Si lavora dal basso, cambiando la cultura giorno dopo giorno.
Le utopie non hanno mai aiutato la gente.
Brava chica.
Besos Bk

Sabrina ha detto...

@Baol
Grazie! E' un segno significativo che ci ha fatto riflettere tanto.

@calibano69
Si, si tratta sempre di furti in ogni caso, e spesso si è costretti a scendere a patti. Ed è inutile fare retorica pure qua, è un uso diffuso purtroppo, dettato dall'esigenza di riavere indietro quello che ci hanno sottratto... è brutto il senso di impotenza che si prova, del tanto se non faccio così non la vedo più la moto/macchina e ci rimetto di più.
Facciamo i nostri interessi che purtroppo in questi casi coincidono con i loro... ci fosse un altro modo per limitare le perdite, efficiente intendo, non ci sarebbero più questi giochetti. Ma le forze dell'ordine sono poche e con troppe cose da fare...
Mi fermo qua, prima di cambiare discorso e cadere nella retorica.
Grazie della visita Filippo!

@Bruno
A piccoli passi... parlando lo stesso linguaggio, ancorati alla realtà, imparando a sfruttarla...
Un bacio

jack ha detto...

Bella storia :)
Tutto è bene quel che finisce bene.
L'unico lato oscuro potrebbe essere il fatto che,nel frattempo,con la moto potrebbero aver fatto ben altro.
Nella peggiore delle ipotesi la responsabilità sarebbe stata sempre del proprietario che non ha denunciato il furto.
In ogni caso lo ribadisco: tutto è bene ciò che finisce bene :)
Ciao.

Unknown ha detto...

...apperò...

MoF

Sabrina ha detto...

@jack
Sai che non ci avevo pensato? Cmq è passato così poco tempo... speriamo bene!

@MoF
Già...

Leggendo qua e là...

  • "...ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all'estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte nè brucia nel fucoco. (...) in me (...) è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona." da Grossman, Che tu sia per me il coltello
  • "...gli ho detto, quel che di bello c'è nella vita è sempre un segreto... per me è stato così... le cose che si sanno sono le cose normali, o le cose brutte, ma poi ci sono dei segreti, ed è lì che si va a nascondere la felicità.." da Baricco, Castelli di rabbia
  • "Fanno delle cose, le donne, alle volte, che c'è da rimanere secchi. Potresti passare una vita a provarci: ma non saresti capace di avere quella leggerezza che hanno loro, alle volte. Sono leggere dentro. Dentro." da Baricco, Oceano Mare