lunedì 15 settembre 2008

Padri e figli

Strano il rapporto tra padri e figli. Quando siamo piccoli amiamo i nostri genitori. Non c'è niente di più perfetto ai nostri occhi, nulla, sono il nostro punto riferimento, le nostre finestre sul mondo, le nostre coperte dal freddo. A volte penso ai bambini che crescono troppo in fretta, che si ritrovano soli in mezzo ad una strada e mi si stringe il cuore. Come gli animali imparano a difendersi da soli, e sopravvivono. Possono contare solo su se stessi e dormono con gli occhi aperti. Crescono guardinghi e cercano affetto. Ma noi apparteniamo ad un mondo diverso, ad un mondo in cui ancora adulti ci facciamo cullare come fossimo neonati. Poche responsabilità, pochi sogni. Cresciamo come adolescenti ribelli solo per la falsa illusione di farlo il prima possibile. Crescere, crescere, crescere. Tutto sembra opprimere e tutto sembra sbagliato. Ci scagliamo contro di loro solo per spirito di contraddizione, per volontà di emergere. Come se crescere voglia dire liberarsi dai fantasmi di quello che siamo, dalle radici da cui veniamo. Anni di no e di partiti presi, anni di ottusità e ribellione. I genitori sbagliano, ma sbaglierebbero comunque, perché le cose non vanno dentro di noi. Fasi comuni a tutti gli adolescenti per affrancarsi, in virtù dell'indipendenza. Fasi in cui gli sbagli si moltiplicano per poi calare.
Poi si cresce, d'improvviso, da un momento all'altro. Io non me lo ricordo quando è stato. Poi niente più ribellioni. Poi affetto, stima, rispetto. Amore. I genitori diventano persone, si liberano dell'etichetta di padroni e diventano guide, insegnanti, complici. Un modo adulto di confrontarsi. Si cresce. E piano piano si inizia a vedere che loro non sono poi così tanto diversi da noi, che anche loro non sono perfetti ma nemmeno imperfetti, e sbagliano. Ma sbagliano in modo diverso, sorprendente, non più da genitori, ma da uomini. Diventano uomini e donne, diventano pari con cui confrontarsi, diventano quello che sono, individui. Io li guardo da fuori, spesso, mi metto in un angolo e osservo. Strano. Li vedo con i loro nomi, con il loro passato alle spalle, con una vita che insegna e che segna. Sento le voci, vedo i pianti, guardo i sorrisi. Sono persone. A volte vorrei spiegargli che non esiste solo il loro punto di vista, vorrei fargli vedere come tutto può essere più chiaro, che non perché sono genitori hanno un sapere diverso. A volte vorrei aiutarli. A volte vorrei amarli per quello che davvero sono. Con i loro limiti e le loro qualità, ricambiare l'immenso amore che hanno e che non sempre guida come dovrebbe. Perchè si sbaglia per il troppo amore, ma questo credo sia normale, ed in ogni rapporto. Come si può quindi impedire loro di sbagliare nel tentativo di difendere la loro stessa vita, la vita creata dal loro stesso sangue, dalla loro carne. Nel mio dialetto c'è un'espressione che si usa per i figli, per gli amori grandi, sagnu mio, sangue mio. Un figlio è il sangue. Sbagliamo noi in nome di un amore e non possono sbagliare loro in nome del proprio sangue?

P.S. Post scritto l'altro ieri e dedicato. Volevo lasciarlo come bozza, come tanti. Oggi ho deciso di pubblicarlo, così...

Un bacio,
Sabrina

martedì 9 settembre 2008

Selle di Stelle



Allora, domani è mercoledì, mercoledì 10 per la precisione.
Ci sarà una delle ultime Selle di Stelle.
Siete tutti invitati, ovviamente parlo soprattutto con i palermitani, silenziosi e non, che leggono il blog.
Non sapete cosa è Selle di Stelle??? Male, malissimo!
Andate sul sito di Palermo Ciclabile che vi chiarite le idee.
Io, ovviamente, ci sarò.
Appuntamento per tutti a Piazza Politeama, dove si fermano i taxi.
Mi sa che stavolta mi metto un cappellino... :-P
Venite numerosi che ci si diverte tanto!!!

lunedì 8 settembre 2008

Itaca

Ho preso un mappamondo ed ho giocato col destino. Ho puntato il dito ed ho deciso.
Non avevo niente da perdere, non più.
Nuova destinazione, nuova meta del mio viaggio.
L'ho chiamata Itaca, potevo chiamarla come volevo.
Un due tre, si parte. Pochi bagagli in spalla, solo un jeans una maglietta e stivali, il resto l'ho comprato per strada.
Sono partita col buio. Sembrava notte, ma i giorni si alternavano. Il tempo passava.
Faceva paura, come sarà Itaca? Ma poi, esisterà davvero?
Il tempo passava.
Arrivava l'alba, ma quanto durava? Anche questa sembrava infinita.
A volte tornava il buio, ma era solo qualche nube.
Scattavo foto durante il viaggio, e segnavo qualcosa. Non si sa mai, dovessi scordare.
Che poi non si scorda nulla, rimane tutto lì.
Finché non fa più male, finchè finalmente è stato giorno.
Ho trovato gente, l'ho salutata. Riconoscevo qualcuno, altri no.
E' passato un anno. Di Itaca nemmeno l'ombra.
Mi ricordo però i colori.
I sapori e gli odori. Che sanno di terra, di erba, di sale.
E sanno di sangue. Perchè sono vivi.
Ho scoperto un'isola. Piccola e selvaggia. Ribelle. Nascosta quasi.
Alcuni pazzi dicono di conoscerla, ma nessuno sa davvero cosa ci sia dentro.
Qualcuno prima o poi però lo vorrà vedere davvero e me lo dirà lui, cosa c'è.
Che io l'ho solo scoperta, ma non so altro.
Ci sono cani intorno, pescecani. E mordono. E tanto. Stanno a guardia. Chissà perché poi. Sarà amicizia.
Ora però mi fermerò un pò. Ho deciso.
Mi serve la terraferma. Basta mare, basta nuotare.
Mi serve anche un fabbro. Devo saldarmi addosso le mie scoperte.
Unire i due lembi come una corazza. Non è protezione ma creazione.
Trovata una vita me la saldo addosso.
E sì, quest'anno faccio il saldatore.
Ho fatto il viaggiatore, ma ora mi serve un lavoro.
Comincerò da qui. Sarà un lavoro lento. Accurato. Farà caldo e imprecherò dal sudore.
Appena finito poi si vedrà.
Può darsi che lo faccia da un'altra parte, che diventi errante.
D'altronde Itaca non l'ho trovata.
Per ora mi godo il viaggio.
E riposo. Che dormire fa bene. Ricordo ancora il tempo in cui non c'era più sonno.
E mangio. Che troverò qualcosa che non mi faccia nauseare dopo un pò.
Non è stato male giocare col destino. C'è chi invece del mappamondo prende una pistola e punta il dito anche lì.
O salta giù da un ponte.
Io gioco e viaggio. Che fa meno male.
Anche se è poi tutto da vedere.
Ma voglio vincere. Non mi piace passare la mano. Per questo a poker perdo.
Mi gioco pure questa, però dopo metto l'annuncio:
offresi apprendista fabbro, anche gratis.
Che i soldi sono carta in questo mondo. Ma anche in tutti gli altri.
No? Prova a dargli fuoco e vedi. Io l'ho fatto.
E non solo con quelli. Ho bruciato tutto.
Niente ha valore. Solo le cose povere, semplici.
Scontato vero? E invece no, si paga a caro prezzo.
Pagare e sorridere.
Quanto è vero.
Ora sorrido.

domenica 7 settembre 2008

Angelo custode

C'è aria di tristezza. Oggi e da un pò. Mi sembra di aver perso qualcosa.
Sarà il tempo che scorre veloce, chissà. A volte ho il desiderio di andare indietro nel tempo, bambina, e svegliarmi nella mia vecchia stanzetta, sotto le coperte, nella mia vecchia casa.

Quando sto così è tempo di ricordi.

E quando vado indietro nel tempo il ricordo più doloroso è sempre mio nonno.
Avevo 9 anni, ero una bimba. Lo amavo e tanto.
Poi, un giorno, se l'è portato via una malattia veloce veloce. Ricordo che una mattina c'era, e l'altra non c'era più. Così. All'improvviso. Non mi ha fatto subito tanto male.
E' strano come si reagisce da bambini. Ho pianto solo un pò sul mio letto, e nemmeno subito. Ma ho continuato a starci male per tutta la vita. Ogni volta che parlo di lui mi metto a piangere come una fontana. Nessun altra persona mi fa questo effetto, nessun altro ricordo.
A nove anni ho perso una parte di me importante, ho perso lui. Se c'è una persona al mondo che mi abbia mai fatta sentire davvero amata questa è stata lui. Non dubito dell'amore dei miei genitori, di mio fratello, dei miei zii, la mia famiglia mi ha amata e lo fa tuttora, ma mai mi sono sentita speciale così come era in grado di fare mio nonno. Sono la prima nipote e l'unica femmina, ma questo non c'entra. Lui adorava anche mio fratello e i miei cugini, ma sapeva amare in modo da rendere ogni rapporto unico. Ognuno di noi credo si sentisse il suo prediletto, ognuno.
Non so come ci riuscisse, sarà stato un suo segreto.

Spesso penso che se ne sia andato troppo presto, che non mi ha vista crescere, che mi avrebbe aiutata nella vita e sorretto nei momenti bui meglio di chiunque altro. Ma in fondo so che è stato così comunque.
Lui c'è stato. Accanto a me, a reggermi il capo durante i pianti, ad accarezzarmi per calmarmi, a darmi una mano per alzarmi, a infondermi coraggio. Come un angelo custode.
D'altronde si chiamava Angelo.

Ti voglio bene, nonno.
La tua Sabrinuzza

lunedì 1 settembre 2008

Outing

Faccio un pò di outing, come se fosse una novità, vero?
Stavolta però è diverso.
Mi sono stancata di sentirmi dire: e sì, ma tu ci sei riuscita perché sei forte, io non sono come te!
Tutte balle, e pure grosse. Io non ero forte, e sono convinta di non esserlo poi così tanto nemmeno tuttora. Sono un animale, e come tale so sopravvivere. Gli amici mi dicono che anch'io sono, come loro, selvaggia. Ed hanno ragione.
Loro lo intendono nel senso che non vivo per le sovrastrutture, che sono semplice, che mi adatto, che mi arrangio, non sono tutta messa in piega e smalto. Ed è vero. Ma ho anche un istinto forte, animalesco, di sopravvivenza, con una forza che arriva quando serve per tirarmi fuori dalle situazioni peggiori.
Selvaggia quindi. E come un animale mi curo anche le ferite, in disparte per un pò, il tempo di non sanguinare più e poi si ricomincia a stare nel branco, dapprima zoppicando fino a poi correre di nuovo. Grandi insegnanti gli animali. Che muoiono da soli. E sanno vivere anche soli.
Quindi non ditemi che voi non ci siete riusciti e avete rischiato la depressione, o l'avete avuta. Sempre le stesse parole, tutti sempre la stessa cosa, tu sei forte, io no, eh, ma io sono depresso... un disco rotto! Porca miseria, cambiate almeno lato!
La depressione anche io so cosa è. Ci sono passata anche io. Non recentemente, ma tempo fa. Il non voler uscire di casa, il passare le giornate a piangere, avere paura di uscire e di incontrare gente. Ci si costruisce una gabbia intorno fatta di muri e coperte, di affetti noti e si chiede aiuto a loro, quando ci si riesce. O si tiene sapientemente nascosta agli altri. Si fa finta di nulla, si prova a tirare avanti ma ci si chiude sempre più. Si cerca sempre più di non reagire. Ci si immobilizza, non si vuole più vedere cose c'è al di la di noi. E nemmeno noi stessi, se è per questo. Io forse me la sono creata la mia depressione, come scudo, come arma. Però poi ne sono uscita. Fernando un volta mi ha chiesto come ho fatto. Non lo so. Sarà sempre il solito istinto. Non ho fatto nulla. E' successo. Sono stata fortunata, lo so.
Sono fortunata. Anzi, sono FORTUNATA! E che fortuna...
Una bomba che ti fa scoppiare la casa; essere lasciate 10 gg prima del matrimonio; una persona che avevi come mentore che ti fa dubitare del mondo intero, e mette in discussione te stessa e tutto quello in cui credi, che non esistono più i buoni ed i cattivi, che in fondo siamo tutti cattivi...; e tante altre piccole cose...
Che culo! Sono proprio fortunata!!!
E si, lo sono per davvero. Perché tutte queste cose mi sono servite, per questo sono fortunata. Prima mi hanno sì distrutto dalle basi, dalle fondamenta, ma poi mi hanno aiutata a capire tanto e a ricominciare. E non sono disillusa, credevo di esserlo, invece più passa il tempo e più ritorno quella di prima. Quella che ci crede. Anche se con una maggiore coscienza. Ancora non sono bravissima, ci devo sbattere la testa per bene, ma inizio a capire le persone. Dopo un pò so come sono fatte. Certo, saperlo prima aiuterebbe assai, ma non ho la palla di vetro.
Giorni fa ho commentato un post di Digito, lui diceva, tra le altre cose tutte giustissime, che in fondo chi resta nella cacca lo fa perchè ci sta bene. Ed ha ragione assai. Se non sei stupido, e ti dispiace davvero stare male, prima o poi ne esci da solo, aggrappandoti a quello che hai.
E non ditemi nemmeno che siete soli e non avete nessuno... vi pare nessuno voi stessi? E' la miglior compagnia che potete avere, anche se a volte ci si rompe un pò le balle, sempre la stessa faccia, da mattina a sera, sempre gli stessi discorsi...
Ed ecco allora che si inizia ad uscire di casa, si incontra gente, nuovi e vecchi amici. Si ricomincia a vivere e a fidarsi.
Facile? Facile sì, basta volerlo davvero però!

P.S. Questo post nasce da una conversazione, prende spunto da quella, ma parla con un bel pò di gente, gente che a volte mi ha fatto davvero girare le scatole, o altre che non vogliono capire che anche lo stare vicino alle persone non serve a nullaaa se non fanno qualcosa loro per se stesse!!! Che poi la pietà non è affetto vero!

Leggendo qua e là...

  • "...ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all'estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte nè brucia nel fucoco. (...) in me (...) è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona." da Grossman, Che tu sia per me il coltello
  • "...gli ho detto, quel che di bello c'è nella vita è sempre un segreto... per me è stato così... le cose che si sanno sono le cose normali, o le cose brutte, ma poi ci sono dei segreti, ed è lì che si va a nascondere la felicità.." da Baricco, Castelli di rabbia
  • "Fanno delle cose, le donne, alle volte, che c'è da rimanere secchi. Potresti passare una vita a provarci: ma non saresti capace di avere quella leggerezza che hanno loro, alle volte. Sono leggere dentro. Dentro." da Baricco, Oceano Mare