Strano il rapporto tra padri e figli. Quando siamo piccoli amiamo i nostri genitori. Non c'è niente di più perfetto ai nostri occhi, nulla, sono il nostro punto riferimento, le nostre finestre sul mondo, le nostre coperte dal freddo. A volte penso ai bambini che crescono troppo in fretta, che si ritrovano soli in mezzo ad una strada e mi si stringe il cuore. Come gli animali imparano a difendersi da soli, e sopravvivono. Possono contare solo su se stessi e dormono con gli occhi aperti. Crescono guardinghi e cercano affetto. Ma noi apparteniamo ad un mondo diverso, ad un mondo in cui ancora adulti ci facciamo cullare come fossimo neonati. Poche responsabilità, pochi sogni. Cresciamo come adolescenti ribelli solo per la falsa illusione di farlo il prima possibile. Crescere, crescere, crescere. Tutto sembra opprimere e tutto sembra sbagliato. Ci scagliamo contro di loro solo per spirito di contraddizione, per volontà di emergere. Come se crescere voglia dire liberarsi dai fantasmi di quello che siamo, dalle radici da cui veniamo. Anni di no e di partiti presi, anni di ottusità e ribellione. I genitori sbagliano, ma sbaglierebbero comunque, perché le cose non vanno dentro di noi. Fasi comuni a tutti gli adolescenti per affrancarsi, in virtù dell'indipendenza. Fasi in cui gli sbagli si moltiplicano per poi calare.
Poi si cresce, d'improvviso, da un momento all'altro. Io non me lo ricordo quando è stato. Poi niente più ribellioni. Poi affetto, stima, rispetto. Amore. I genitori diventano persone, si liberano dell'etichetta di padroni e diventano guide, insegnanti, complici. Un modo adulto di confrontarsi. Si cresce. E piano piano si inizia a vedere che loro non sono poi così tanto diversi da noi, che anche loro non sono perfetti ma nemmeno imperfetti, e sbagliano. Ma sbagliano in modo diverso, sorprendente, non più da genitori, ma da uomini. Diventano uomini e donne, diventano pari con cui confrontarsi, diventano quello che sono, individui. Io li guardo da fuori, spesso, mi metto in un angolo e osservo. Strano. Li vedo con i loro nomi, con il loro passato alle spalle, con una vita che insegna e che segna. Sento le voci, vedo i pianti, guardo i sorrisi. Sono persone. A volte vorrei spiegargli che non esiste solo il loro punto di vista, vorrei fargli vedere come tutto può essere più chiaro, che non perché sono genitori hanno un sapere diverso. A volte vorrei aiutarli. A volte vorrei amarli per quello che davvero sono. Con i loro limiti e le loro qualità, ricambiare l'immenso amore che hanno e che non sempre guida come dovrebbe. Perchè si sbaglia per il troppo amore, ma questo credo sia normale, ed in ogni rapporto. Come si può quindi impedire loro di sbagliare nel tentativo di difendere la loro stessa vita, la vita creata dal loro stesso sangue, dalla loro carne. Nel mio dialetto c'è un'espressione che si usa per i figli, per gli amori grandi, sagnu mio, sangue mio. Un figlio è il sangue. Sbagliamo noi in nome di un amore e non possono sbagliare loro in nome del proprio sangue?
P.S. Post scritto l'altro ieri e dedicato. Volevo lasciarlo come bozza, come tanti. Oggi ho deciso di pubblicarlo, così...
Un bacio,
Sabrina
Fran
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del Cile Rio de Janeiro Antille New York Liverpool Boston Liverpool Amburgo
New Yo...
15 anni fa
3 commenti:
è uno scambio generazionale, senza nessuna reciprocità. evoluzione, distanza, ribellione, ricerca di sé. questo e tant'altro ancora e, tuttosommato, per fortuna.
good start
molto intiresno, grazie
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