Visualizzazione post con etichetta centro sociale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta centro sociale. Mostra tutti i post

lunedì 30 giugno 2008

Ed io che volevo andare in Africa...

A dicembre un'amica mi ha detto: parto per l'Africa! Io ho pensato che non era affatto una brutta idea, magari potevo andare con lei, così avrei riproporzionato il mio dolore ed i miei problemi, riconducendoli ad una scala di valori ben più grande, quella dei valori assoluti, del diritto alla vita. Poi non l'ho più fatto a causa di vari problemi. Però l'esperienza da volontaria in un campo missionario mi è rimasta sempre nel cuore. Lei parte fra 15 giorni. Io invece no, resto qua, e non credo cambi poi tanto, perché oggi ho scoperto che l'Africa è anche qui.

Oggi tornavo a casa in bici, e meno male, mi è servito da sfogo, ho pedalato senza musica nelle orecchie, ero accompagnata dal rumore dei miei pensieri. Nella mia testa immagini, parole e pensieri andavano alla stessa velocità delle pedalate, vortici in cui tutto entrava e si agitava. Ho posato la bici in garage e in quel centinaio di metri a piedi per raggiungere casa, il senso di vomito, i crampi allo stomaco e il pianto tenuto dentro non mi hanno abbandonato. Nemmeno ora.

I bambini hanno dei diritti, lo abbiamo studiato tutti a scuola, no? Ma l'abbiamo mai capito?
Noi, in fondo, siamo privilegiati. Noi abbiamo dei genitori che per quanto non perfetti possano essere ci hanno fatto crescere e curato con amore. Amore che non è dire ti voglio bene, amore che non è coccolare, amore che non è comprare i giocattoli. L'amore è accudire i figli, lavarli, vestirli, sfamarli e portarli a scuola. Già questo basta, già questo è amore.

Ho visto un uomo oggi, o per meglio dire un maschio, che puzzava di vino, un pò esaltato, un misero senza sentimenti.
Oggi io mi sento in un posto imprecisato del terzo mondo, fuori dal tempo.
Oggi ho visto come dei bambini non dovrebbero mai vivere, ho capito il significato di parole scontate, logiche. Ho conosciuto la vera sporcizia, quella esterna e quella interna.
So cose sui pidocchi che sconoscevo e non avrei mai voluto sapere.
E ci sono cose che ancora non so, e non ho il coraggio di domandare.

Mi sento una stupida ragazza viziata, che ha avuto ed ha tutto e non lo capisce. Mi sento in colpa. Mi sento vigliacca e fortunata.

Ancora oggi esistono persone che mettono al mordo dei figli perché non sanno come si usa il preservativo. Sfornano figli e non se ne occupano, li sfamano con la prima cosa che trovano e poi li lasciano vivere in un tugurio abbandonati a se stessi, con croste e pidocchi che li invadono, tutti neri di sporcizia e gli stessi vestiti sempre addosso mai lavati. Io non credevo che certi posti potessero essere abitati, io non credevo che un padre potesse comprarsi una birra e non lavare le proprie figlie.

E penso che cosa dev'esserci nel cuore di queste piccole... Chi conosce davvero la paura che vive nel cuore di un bambino maltrattato? Io le uniche paure che ricordo sono quelle per aver rotto un vaso, un piatto, per non aver fatto i compiti. Che ne so io della paura dei genitori che urlano, rompono ogni cosa, delirano e cantano lamentandosi in preda all'alcool? Che ne so della paura di uscire di casa, della vergogna? Che ne so di cosa si prova pensando che quello è cmq amore, è cmq protezione, è cmq l'unica famiglia che conoscono?

Io non ho mai vissuto nella casa delle bambole, casa mia non era disinfettata e perfettamente sterile, io giocavo per strada con gli altri bambini, mi sporcavo con la terra e accarezzavo gli animali. Non mi fa schifo nulla, non ho paura degli insetti e non mi reputo una schizzinosa.
Oggi invece ho scoperto che sono tutto ciò. Oggi mi ha fatto tutto schifo. Oggi ho conosciuto la vera sporcizia. Oggi non volevo bussare a quella porta, non volevo vedere cosa si nascondesse dietro.
Nessuno dovrebbe vivere così, nessuno. Figuriamoci dei bambini. Nessuno dovrebbe essere trattato così, nemmeno gli animali. E pensare che lo fa un padre...

Altro che paladina della giustizia! Oggi ho messo tutto in discussione. Non sono coraggiosa, non sono una brava ragazza. Sono stata vigliacca e codarda; volevo non sentire oltre, volevo non vedere oltre.
Oggi sono diventata cattiva. Oggi ho provato rabbia. Oggi mi sono odiata. Oggi ho capito che l'inferno esiste e lo creiamo noi stessi.

Sono tornata a casa, ho aperto la porta di casa ed ho abbracciato i miei genitori.
Mi sono scese delle lacrime silenziose.
Gli ho detto solo una parola: Grazie.

P.S. Niente commenti a questo post, per favore. Niente lodi. Fermatevi solo un attimo a pensare quanta gente vi ama davvero.

lunedì 16 giugno 2008

Storie di furti e non solo...

Voglio scrivere questo post da parecchio, voglio raccontare una storia, una delle tante che mi ha insegnato il centro e la gente. Mi è tornata alla mente perché pochi giorni fa ad un amico hanno rubato la moto, all'interno del cancello di casa.
Per chi non sapesse come funziona qui, lo spiego in due parole: qualsiasi cosa ti rubino puoi riaverla, bastano le persone giuste e giusti "argomenti". Tutto qua. Semplice, no? D'altronde devi pur ringraziare per il disturbo...
Ma non sempre è così, dipende dai quartieri, dalle loro leggi. A volte i furti non sono organizzati e pianificati per essere poi restituiti dietro compenso. A volte è la fame che ti spinge a rubare, a volte non è lucro ma bisogno, non organizzi, ma prendi quello che ti capita sotto tiro.
E così è successo al centro, una sera che avevamo deciso di rimanere fino a tardi e mangiare tutti insieme, una sorta di festa, un giorno per staccare e divertirci tra noi volontari ed operatori.
Ad un tratto della serata però un imprevisto che nessuno avrebbe mai pensato, rubano la moto ad uno di noi. Caspita che colpo! La moto era posteggiata proprio davanti le scale del centro, a pochi passi da noi e dalle stanze accese.
Il tempo di realizzare cosa fosse successo che alcune di noi iniziano a chiedere alle signore in strada. Inutile dire che lì conosciamo tutti e tutti conoscono noi.
Il centro è un organismo che si è venuto ad inserire in un contesto sociale consolidato e con esso cerca di mediare tutti i giorni, instaurando e mantenendo equilibri sul filo del rasoio. Lì si insegna, per quanto possibile, onestà e lealtà, si da una alternativa alla strada, ed è superfluo sottolineare che non è visto da tutti di buon grado. C'è chi lo ama e chi lo odia. Ma anche chi lo usa e viene a patti.
E' il simbolo di un cambiamento, e fino ad allora noi non sapevamo come realmente fosse visto da chi il quartiere lo abita. Lo abbiamo scoperto solo quella sera...
Ritornando a quella sera, ci dividiamo in gruppi e occupiamo ogni angolo della piazza, parliamo con la gente cercando di capire che fine avesse fatto la moto. In breve tempo intorno a noi si crea una calca di ragazzini, tutti col telefono in mano, in un via vai di scooter.
Ad un tratto ci chiamano, vogiono le chiavi... Dopo 5 minuti ecco che arriva un ragazzo sulla moto, la posteggia esattamente dove era prima, saluta e va via... lasciandoci tutti senza parole...
Al di là di tutto quello che si può dire, al di là dell'inutile retorica, ci siamo accorti che la realtà è ben diversa da come dovrebbe essere.
Normalmente si sarebbe dovuto denunciare un furto, normalmente non si discute con i ladri, normalmente questi si chiamano "reati". In realtà però la moto è stata restituita. E senza uscire denaro. Non voglio dire che hanno fatto bene a rubare una moto, assolutamente, non sto giustificando quello che cmq è sempre un atto illegittimo, sto solo analizzando la cosa dal punto di vista sociale. In quartieri particolari qualsiasi segnale anche piccolo è una conquista; che il furto sia stato uno sbaglio, questo è innegabile, ma la restituzione della refurtiva è tuttavia un indizio positivo, no?
Che significa allora tutto ciò?
Significa che il centro sociale non ha cambiato la realtà del quartiere, ma ne è stato assorbito. E si è adeguato alle sue regole, che usa a suo vantaggio. Ma tutto ciò non è una cosa negativa in sè. Sembra strano ma è positivo. Il centro è stato accettato, è stato riconosciuto parte integrante, cosa loro.
Un principio mafioso? No, in realtà è un principio sociale. In una società non si va uno contro l'altro, all'interno di un gruppo si è solidali, è con gli altri, gli "estranei", che si fanno le guerre. La moto è stata rubata di sera, quando nessuno del centro di solito è lì, è sembrato appartenesse a qualcuno di passaggio, non a qualcuno della stessa comunità, infatti una volta capito lo sbaglio è stata restituita.
Non siamo nemici, ma parte integrante del quartiere. Non siamo visti come intrusi, ma siamo rispettati. Il centro, portatore di valori diversi dai loro, è degno di rispetto!
Il centro, inoltre, si adegua alle abitudini sociali del quartiere, dialoga, discute, parla. Non ricorre ad un potere esterno, ma esercita il suo nel linguaggio comune della strada. Questa è integrazione. E l'integrazione è un segno positivo.
Essere accettati in un contesto del genere è significativo. Riuscire a mediare anche. Non è complicità, ma agire all'interno di un contesto utilizzando le loro regole, portare a piccoli cambiamenti poco per volta, conquistandosi la fiducia della gente... Farsi accettare per fare accettare i propri valori, poco per volta, senza imposizioni, lasciando una libera scelta.

E c'è un altro aspetto, per me eccezionale, di questa storia: le donne!
Sono state proprio loro ad attivarsi per trovare la moto. Noi volontarie donne abbiamo parlato con le donne del quartiere e queste hanno parlato a figli e mariti. Le donne, in un quartiere degradato come quello, hanno un loro potere e non sono sempre subordinate. Fa piacere constatare che le donne sono ascoltate e prese in considerazione, che possono cambiare le situazioni, che riescono a convincere gli uomini. Credo che una delle molle di sviluppo sia proprio questa loro forza, questo loro essere combattive, questo farsi portatrici di principi nuovi, questo appoggiare i figli nello studio, questo ribellarsi al quartiere ed anche ai mariti, questo non subire più da inermi, questo essere consapevoli che si può cambiare, anche in un quartiere come il loro...
Viva le donne, viva le madri.

domenica 27 aprile 2008

5 per mille

Posso fare un pò di sfacciata pubblicità? Posso invitarvi a devolvere il 5 per 1000 al centro sociale San Saverio (il mio centro) ? Bè, io intanto lo faccio, non credo ci sia nulla di male, no?

Vi posto uno dei volantini... senza impegno, ovviamente ;-)

Leggendo qua e là...

  • "...ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all'estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte nè brucia nel fucoco. (...) in me (...) è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona." da Grossman, Che tu sia per me il coltello
  • "...gli ho detto, quel che di bello c'è nella vita è sempre un segreto... per me è stato così... le cose che si sanno sono le cose normali, o le cose brutte, ma poi ci sono dei segreti, ed è lì che si va a nascondere la felicità.." da Baricco, Castelli di rabbia
  • "Fanno delle cose, le donne, alle volte, che c'è da rimanere secchi. Potresti passare una vita a provarci: ma non saresti capace di avere quella leggerezza che hanno loro, alle volte. Sono leggere dentro. Dentro." da Baricco, Oceano Mare